La Casa degli Spiriti

Datemi un brandy, purché sia italiano

Nel nostro Belpaese, quando si citano i distillati, vengono senza dubbio alla mente i grandi classici: whisky, rum, cognac, armagnac e grappa. O ancora gin e vodka, intramontabili protagonisti della miscelazione sia passata che contemporanea. Ultimamente, sempre più anche tequila, mezcal e pisco, che stanno vivendo una vera e propria propria golden age dopo esser stati sdoganati dai peggior bar del Sudamerica e non solo. Molto raramente invece ci si ricorda del brandy, soprattutto di quello artigianale italiano.

Ragion per cui i quattro produttori, o sarebbe meglio definirli artigiani distillatori, Vittorio Gianni Capovilla, Guido Fini Zarri, Bruno Pilzer e Mario Pojer hanno così deciso di unirsi e dar voce, attraverso le loro differenti storie ed esperienze, a uno spirito che, vantando in Italia una lunga tradizione quale espressione del settore vitivinicolo nazionale e potendosi contraddistinguere per un’eccellente qualità se prodotto a regola d’arte, merita ben altro che l’oblio a cui spesso è purtroppo relegato. E per farlo non è certo sufficiente l’applicazione di quel – seppur apprezzabile – decreto ministeriale che, datato giugno 2016, sancisce e disciplina l’indicazione geografica “Brandy italiano”. Ecco quindi alcuni ulteriori, e fondamentali, precetti che i quattro di cui sopra hanno elaborato per garantire che il loro distillato di vino italiano invecchiato in botti di rovere – leggasi brandy italiano – possa fregiarsi della così tanto importante e distintiva artigianalità.

Da sinistra: bruno pilzer, vittorio gianni capovilla (il capo), guido fini zarri e mario pojer

Si parte così dalla selezione accurata delle uve che devono risultare in perfette condizioni; occorre poi prestare massima attenzione al processo di fermentazione che deve essere condotto senza aggiunta di anidride solforosa; la successiva distillazione deve quindi avvenire attraverso l’uso di alambicchi – Charantais o bagnomaria – che permettano un’estrazione degli aromi delicata e tale da preservarne l’integrità. Segue infine la fase di invecchiamento che deve protrarsi per tutto il tempo necessario affinché gli aromi naturali e l’alcol raggiungano il giusto equilibrio in base allo stile e al gusto di ciascun produttore. Assolutamente vietato: aggiungere aromi estranei al processo di produzione, siano essi naturali o artificiali; aggiungere zucchero o caramello; effettuare qualsiasi manipolazione prima dell’imbottigliamento, fatta unicamente eccezione per la filtrazione a temperatura ambiente.

Ma essendo che – come sembra ebbe a dire Aristotele – l’intelligenza non consiste soltanto nella conoscenza, ma anche nella capacità di applicare la conoscenza alla pratica, ecco allora quattro eccellenti etichette ben rappresentative di questa nouvelle vague di storici distillatori decisi a riportare il brandy italiano artigianale a quell’attenzione e a quel rispetto che merita nel mondo degli spiriti nazionali ed esteri.

Distillato di Vino 1998 – Capovilla Distillati

Ottenuto attraverso il metodo di distillazione a bagnomaria, nel bicchiere si rivela di un colore giallo ambrato. Al naso mantiene ben definiti i profumi e la freschezza delle uve, che si mescolano poi a note terziarie, frutto del lungo affinamento in legno, garbate e di assoluta piacevolezza. In bocca è morbido, equilibrato, armonico e caratterizzato da una buona persistenza aromatica intensa.

Brandy Italiano Assemblaggio Tradizionale 10 anni – Villa Zarri

Frutto dell’assemblaggio di diverse annate e invecchiamenti di cui quello riportato in etichetta risulta essere il più giovane, è ottenuto da sole uve trebbiano romagnolo attraverso il metodo discontinuo a due passaggi in alambicco Charentais. Spicca per complessità e aromaticità, con nitide note di frutta candita e spezie dolci. Ampio e persistente, è caratterizzato da una buona nota alcolica che gli conferisce carattere, senza privarlo di eleganza.

Historiae Brandy Portegnac 13 anni – Pilzer

Proviene dalla Val di Cembra – antico luogo d’acqua e di spiriti – il più austero tra i brandy degustati. Di colore giallo dorato, necessita infatti di qualche momento di attesa prima di aprirsi e rivelarsi all’assaggio gusto-olfattivo. Poi non delude e anzi affascina per profondità e franchezza, in cui spiccano note aromatiche quasi balsamiche.

Acquavite Divino Dolomiti Vendemmia 2000 – Pojer e Sandri

Unico brandy italiano le cui fasi di lavorazione – dalla coltivazione in vigna al confezionamento finale – sono seguite esclusivamente dall’azienda produttrice, è ottenuto distillando separatamente con alambicco discontinuo a bagnomaria vini da uve schiava e lagarino. Di colore ambrato, entusiasma da subito per le intense quanto nette note di frutta matura. Al palato è secco e caldo; perfettamente equilibrato e armonico.

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Luca Torretta
Millesimo 1974, una laurea in Ingegneria civile e un’innata passione per cocktail, distillati e vini che non si stanca mai di scoprire, conoscere e degustare; convinto che la profonda conoscenza di una disciplina sia indispensabile per avvalersene al meglio, ha frequentato i corsi per sommelier Ais e ora è studente Wset per ottenere le relative qualifiche internazionali in vino e distillati.

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