Ci si può accordare nell’intendere per shibusa un canone di bellezza al tempo stesso naturale e raffinatissimo, una sobrietà che associa il bello supremo al grezzo, in un dialogo permanente tra i due.
È più facile fare degli esempi pratici: le ceramiche Bizen, dalle superfici scabre, pezzi unici che “nascono” dal forno, con le loro imperfezioni e asimmetrie, più che essere “fatti” dall’artista; un muro rustico che si integra alla perfezione, con le sue crepe e asperità, in un giardino; un frutto che, dopo un primo impatto aspro, disvela lentamente i suoi profumi e sapori.
Una bellezza, mai troppo mostrata, da scoprire con pazienza, una “raffinatezza che dà gioia spirituale”, per dirla con Harada.
Per le strade di Tokyo, in angoli poco esposti, in locali spesso difficilmente accessibili, si può sperimentare spesso la sensazione sorprendente e appagante di essere circondati da qualcosa di ineffabile, discreto ma potentissimo che ti arricchisce, che ti migliora attraverso lo sguardo e dopo, talvolta, anche il tatto.
Uno di questi angoli, più noto di altri (è già premiato da una stella Michelin), è il Tamawarai, ristorante specializzato in Soba che è una piccola summa di shibusa: nessun segnale di riconoscimento all’esterno di un piccolo stabile in cemento nell’elegante zona di Aoyama, a denunciare la presenza di un ristorante solo la fila, i primi della quale sono fatti accomodare in un piccolissimo salottino in stile tradizionale.
Il locale vero e proprio è illuminato in maniera affascinante dalle piccole finestre poste in alto, che garantiscono una penombra amatissima dai giapponesi; decorazioni quasi inesistenti, a meno di non riuscire a notare, in un angolo, un minuscolo vasetto in bambù contenente un piccolo fiore fresco e disposto su un piccolo vassoio di legno. La clientela è fatta di habitué, spesso donne, amanti di una cucina leggera, semplice ma molto raffinata.
Pochissimi piatti del giorno, precedono la specialità, la soba appunto, e tutte le pietanze sono proposte all’interno di splendide lacche o stoviglie antiche che ne esaltano, senza sfarzi, la bellezza, importante quanto la bontà.
Entrare in un posto del genere, passare un’oretta di piacere semplicissimo e profondo allo stesso tempo, è un buon inizio per cercare di afferrare un minimo di questa cultura straordinaria e sfuggente, facilissima da equivocare e straordinaria da scoprire, con lentezza.
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