Nacque a Gela in Magna Grecia, scrisse poemi, narrò delle delizie della vita. Indovina chi?
Ehi, eccolo!
Eccolo, il ghiotto!
Ohi, emulator di Sardanapalo!
To’, Teognide dei golosi!
Oh oh, guarda l’ingegnoso cuciniere!
Veh, Esiodo de’ leccardi!
Ma va là, general della mense!
Anonimo, 2021 d.C.
Quanto conobbi in viaggiar mostrando
A Grecia tutta, ove miglior si trovaOgni cibo dirò ogni liquore.
Di vivande squisite unica mensa
Accolga tutti, ma di tre o di quattro.
Ο di cinque non più sia la brigata:
Perché se fosser piύ cena sarebbe
Di mercenarj predator soldati.”
Archestrato, Le delizie della vita, 330 a.C.
Caro Archestrato, scrivesti il tuo poema in esametri e usasti quell’intonazione epica per celebrare, con tutta la tua poesia, i migliori bocconi e i migliori vini conosciuti. Se allora il tuo lavoro conobbe poche fortune e rari elogi, quanto ti rivolsero – dico io di quei epiteti così diffamatori e quei nomignoli ridevoli – furono ingiurie gratuite.
Oggi qui ti commemoriamo.
Perché corresti tutta la terra e tutti i mari per cantare le migliori vivande e i vini più pregiati, e con quel linguaggio d’ispirazione omerica e tante parole dilettevoli, e senza saperlo in vita, diventasti nell’eternità, il vate dei buongustai.
Già.
Il sapiente, il sottile, il preclaro poeta di Gela – o piuttosto di Catagela, qualcuno sospira e dice, forse, di Siracusa – tu fosti il primo. Il primo a idolatrare Gastarea, secoli prima che Brillat-Savarin le desse i natali. Il primo a compilare una guida gastronomica. Il primo a trattare così soavemente del pane, dei pesci e della selvaggina. Il primo a esporre la maniera di produrre e di conservare il vino. Dei pesci, tuo particolare diletto, indicasti le qualità migliori, i luoghi di provenienza, le specie più rinomate e le stagioni in cui è opportuno catturarli.
Archestrato, io sostengo che la cucina sia la sintesi di variabilità e costanza e tu hai nutrito la variabilità raccontandone la costanza. HEDYPÀTHEIA, Le delizie della vita, è la tua opera divulgatoria che c permette di conoscere ogni bendidio circolante nel IV secolo a.C., in quella grande Magna Grecia. La cucina di cui le tue parole sono testimonianza, la racconti, circoscritta nello spazio e nel tempo, come parte di un processo evolutivo continuo. Di questo processo si necessita ogni frammento per comprenderne le dinamiche. Occorrono genti illuminate che ne parlino, col proprio stile, a proprio modo, con i mezzi congeniali… purché ve ne sia traccia. Perché chi aspetta che un fatto accada può raccontarlo e chi attende ancora può spiegarne il processo accidentale che l’ha causato.
“Non potendo studiare l’uomo in tutte le sue facoltà e abitudini, ho scelto la più duratura e anche la più piacevole: la nutrizione. Dal modo di mangiare degli altri, dalla loro scelta, dal loro modo di comportarsi in questa quotidiana ritualità io traggo considerazioni di ordine generale, risalgo alle Cause e ai Fini.”
…scrisse il tuo collega Eugenio Montale, e io ne traggo ispirazione. Scrivesti…
“…quando, al tramonto in cielo di Orione, la madre del grappolo vinifero lascia cadere a terra la chioma, allora cerca di avere un sargo arrosto, cosparso di cacio, bello grande, caldo, macerato con aceto forte”.
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