Mi è caro usare il titolo di una delle canzoni che più amo per rappresentare alcune impressioni di un’esperienza settembrina in cui la percezione di essere tenuta in braccio, appoggiata a due guanciali per via delle coccole e delle attenzioni ricevute, l’ha fatta da padrona.
Non è mia intenzione soffermarmi sui piatti, ma parlare, in questa sede, di sensazioni che trascendono il percorso gastronomico stricto sensu e coinvolgono la sfera delle emozioni propriamente dette.
Non si fa in tempo a varcare la soglia del ristorante St. Hubertus, che ci si sente pervasi da un’atmosfera magica, eterea, sicuramente “bambina”.
Arriva il direttore di sala, Lukas Gerges che, dopo i saluti di rito, mi porge il braccio e, sfilandomi con gentilezza la borsa, la appoggia di fianco al “solito posto” del “solito tavolo”. A fargli da corona i ragazzi della brigata di sala… età media 25 anni: indubbiamente, si respira freschezza. Ci salutiamo tutti e, poi, l’andare delle celebrazioni richiede la prima incursione in cucina, dove la brigata sta mettendo a punto le ultime rifiniture prima dell’inizio del servizio. Anche qui, un “bentrovati” generale mi spalanca lo sguardo del sous-chef Michele Lazzarini, àncora sicura e indefessa: il nostro interesse si focalizza su quello che sarà il percorso gastronomico scelto per la serata. Tutta proiettata ad ascoltare quello che Michele propone – ci sono sempre delle novità, al St. Hubertus – realizzo di essere una fortunata nonché orgogliosa destinataria di tante esclusive leccornie.
Nel bel mezzo delle “contrattazioni” arriva, in punta di piedi e con fare sornione, il Maestro (Norbert Niederkofler n.d.r.): barba sempre ben disegnata e sorriso ammiccante, la sua figura trasuda carisma, consapevolezza.
Ecco giunto il momento di prendere posto a tavola, perché il concerto sta per avere inizio.
Si parte, di solito, con un “adagio”, si passa ad un “andante”, poi ad un “allegro” e si finisce con l’orchestra al massimo delle sue potenzialità.
Indubbiamente, il percorso è importante e impegnativo, ma la qualità della materia prima e le tecniche di cottura mettono in luce una cucina pulita, nitida e leggera.
Con la fine della sequenza “salata” è arrivata l’ora di uno dei momenti più attesi e, per la sottoscritta, più importanti: si officia il rito del “cambio tovaglia”, in diretta, coram populo: si staccano due ragazzi di sala e, con movenze di danza, in un battibaleno, srotolano davanti ai miei occhi una tovaglia di lino ecrù, fresca e immacolata, a preparare il tavolo alla parte “dolce” della serata.
L’ouverture è data dal classico marshmallow di mela verde con meringa di pino mugo, forgiata col sigillo a fuoco vivo. Poi, un carosello di ghiottonerie si avvicenda davanti a me.
La serata sta volgendo al termine… è notte… la sala è ritornata vuota e silenziosa ed è bello essere seduta accanto a Norbert e Michele e l’occhio vigile di Lukas, a scambiarci le riflessioni dell’esperienza, sorseggiando una bevanda di cicoria, versata ancora fumante dalla moka.
È il miglior congedo possibile: adesso, sono pronta ad affrontare l’impegnativo viaggio di ritorno.
La Galleria Fotografica (parziale), esclusi i dolci:
Animella di vitello, erbe acide e pino. Anguilla laccata e brodo affumicato. Risotto all’aglio orsino, kefir e pecora. Costicina d’agnello alla brace. Lingua e mirtilli rossi.
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