Vertigini

Il tempo di Re Carlo

The Coronation Menù

Un mantello lungo quattro metri e mezzo, una corona di oltre due kg, e 74 anni sulle spalle. Questi i numeri dell’incoronazione di Carlo III, primo sovrano britannico del XXI secolo.

A questo proposito, vale la pena di ricordare che in nessun altro Paese d’Europa l’ascesa al trono di un re viene ancora suggellata da un’incoronazione reale: succede solo nel Regno Unito.
Date le circostanze, dunque, nulla è lasciato al caso: dalla consuetudine che impone che non ci siano altre teste coronate – necessaria perché il rito è inteso ancora come la consacrazione, esclusiva, di un uomo al rango di Divinità – per non parlare degli invitati,  2000, in questa occasione.
Tra loro, il re di Giordania, il sultano del Brunei, l’emiro del Qatar e due “first Lady”, ma senza marito: l’ucraina Olena Zelenska e la statunitense Jill Biden, mentre assai discussa è stata la presenza del diplomatico cinese Han Zheng, rappresentante del presidente Xi Jinping additato come regista della repressione antidemocratica del 2019 a Hong Kong.

(E se non è geopolitica questa…)

Ma ciò che a noi interessa, in questa sede, consiste tuttavia nelle scelte operate in materia enogastronomica – il cosiddetto coronation menù – ove spicca, tra le altre cose, una quiche – una torta salata originaria della regione francese Alsazia-Lorena, anticamente contesa tra Francia e Germania – con spinaci, fave, formaggio e dragoncello fresco, in sostituzione al pollo scelto come piatto ufficiale dell’incoronazione di ELISABETTA II, che salì al trono nel 1953.
Analizzando gli ingredienti di questa quiche, si evince la sua chiara collocazione nella contemporaneità: vegetariana, primaverile, perfino umile come una sorta di vignarola in salsa nobiliare, è rinverdita da elementi contestuali come gli spinaci, che sono ancora simbolo di forza nella cultura occidentale. la loro fortuna, mutuata dall’associazione a Braccio di Ferro, all’anagrafe Popeye, è forse l’elemento di più semplice codificazione di tutta questa storia. Quanto alle fave, dal canto loro, già nel nome – dal latino faba e dal greco kúamoi – serbano la loro carica simbolica poiché letteralmente indicante qualcosa di “consacrato agli Dei”. La loro popolarità, però, risale agli antichi egizi presso cui le fave erano considerate simbolo di reincarnazione, tanto che la locuzione “campo di fave” indicava il luogo in cui le anime si fermavano in attesa di incarnarsi. Per queste ragioni agli egizi era vietato mangiarle:  sarebbe stato come cibarsi delle carni dei propri cari, tradizione che, in un certo qual modo, sopravvive presso la cultura agro-pastorale siciliana dove questo legume rappresentava un tramite con aldilà.
Ma, tornando ai nostri sovrani, pare che abbiano optato per questa ricetta dopo aver consultato lo chef reale Mark Flanagan, che ha completato il coronation menù con un urbanissimo carré di agnello arrosto marinato all’uopo in stile asiatico realizzato dallo chef cinese Ken Hom, e di un piatto a base di melanzane (le Coronation aubergine), salsa allo yogurt, chutney e cipolle fritte creato dall’ex vincitrice di “The Great British Bake Off”, Nadiya Hussain. Quanto al dessert, è stato affidato alle cure dello chef Adam Handling che ha realizzato un “trifle“, ovvero una personale interpretazione della classica zuppa inglese, qui realizzata con Yorkshire Parkin, crema pasticcera allo zenzero, fragole scozzesi e fiocchi di panna montata.
Molte, va da sé, le etichette limited edition create per l’evento: dagli spumanti made in UK ai grandi Champagne, ma senza dimenticare le bollicine dall’Italia: Carlo è, del resto, molto sensibile all’argomento, come ha dimostrato in occasione delle numerose visite nel nostro Paese, sempre punteggiate di incontri coi grandi produttori del vino italiano (la famiglia Frescobaldi, per dirne una, era invitata al matrimonio di William e Kate e la loro azienda è fornitore ufficiali della Casa Reale) mentre sempre nota è la sua frequentazione col nostro Carlo Petrini, che l’ha fatto simpatizzare con la filosofia Slow Food.
Ed è proprio Petrini che, si mormora, abbia scelto le bottiglie della sua incoronazione: dall’English Sparkling Wine “Royal Collection Coronation 2023” prodotto dalla cantina inglese GUSBOURNE WINE (ma di vini made in UK c’eranpo anche  il Coronation English Sparkling Blanc de Blancs 2016 dell’azienda NEW HOUSE FARM; la Coronation Limited Edition 2023 della cantina NYETIMBER; la Chapel Down Coronation Edition 2016 della cantina CHAPEL DOWN e la Limited Edition Kings Coronation Kings Cuvée Rosé 2015 della cantina HATTINGLEY); uno Champagne ufficiale, il Fortnum & Mason Coronation Brut Selection creato da JACQUES PICARD e, sempre tra gli champagne, non potrva mancare MOËT & CHANDON con Imperial & King Charles III Coronation né BOLLINGER con la Special Cuvée King Charles III Coronation. dall’Italia, infine, solo  BOTTEGA GOLD col suo Bottega Platinum Doc Coronation.

Né Franciacorta né trentodoc, dunque, ma un semplice Prosecco, benché vestito di bottiglia di platino, per i reali più reali del (vecchio) mondo.

...segui Leila.

Lorenzo Villoresi

Next article
Leila Salimbeni
In famiglia si ritiene essere la reincarnazione del nonno materno, grande appassionato tanto di narrativa quanto di vino. Da questa vulgata mutua una grande passione per la ricerca del senso, che disciplina attraverso una laurea in Semiotica e riversa oggi in tutti i suoi testi, alla perenne ricerca del "Sacro Graal”. 

You may also like

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *