Il bar, storicamente, è rifugio per anime che per ritrovarsi preferiscono perdersi. Ed è valido anche il contrario. Dagli eroi sconosciuti del quotidiano, fino ai personaggi più celebri del cinema, dei libri e della vita reale. L’immaginario collettivo pensa al bevitore solitario come un pensoso e dannato relitto, troppo spesso sopraffatto nel cuore e nei ricordi. Non è per fortuna così, dato che l’esperienza in solitaria al bancone è forse una delle più vere e ricche che si possano provare al bar. E poi chi l’ha detta che debbano per forza esserci solo uomini…
L’uomo seduto all’estremità del bancone, stretto e ammiccante nel suo smoking, ha di fronte un cono rovesciato di cristallo. Brillante per identità, torbido per carattere: il magnetico figuro beve un cocktail che gli somiglia, forgiato dal ricordo di una donna per la quale avrebbe lasciato tutto, e dato anche di più. Pensa a lei, mentre batte piano di fronte a sé la coppetta vuota, dove ha lasciato un ricciolo di scorza di limone che ora luccica: era bellissima, Vesper, gli parlava di conti, spie, futuro, casa. A lui che ormai era a un passo dal cambiare la sua sorte, in bilico tra quello che era giusto e quello che andava fatto: giocò a carte in nome dell’Agenzia e vinse, giocò con la vita, quella di Vesper, e gli andò molto peggio. E adesso siede lì, alza un indice per incrociare gli occhi del barista e chiederne un altro: “Agitato, non mescolato. E fidati, se ti chiederanno come si chiama, questo drink ha un nome”. Sapido come le sue labbra, secco come il suo humour, forte come il dolore e l’amore che solo lei gli aveva regalato.
“Si chiama Vesper Martini”, dice calmo mentre si sistema il papillon.
“Subito, signor…”
“Bond. James Bond”.
Al centro, invece, siede un habituè. Dà del tu all’oste, sbuffa nuvolette azzurre da una pipa di olmo: si guarda attorno senza concentrarsi, è lì come tutte le sere, a prendere aria, alcool e idee. Smette di fumare ogni volta che si riflette nello specchio a parete: capelli e barba iniziano a ingrigire, e mentre si gratta il mento si rende conto di aver messo su un po’ di peso, nell’ultimo periodo. Anni prima non era mica così cupo e pieno di idiosincrasie: aveva avuto ben poco di che ragionare a Hong Kong durante la guerra, ancora meno quando per due volte si schiantò con un aereo in piena Africa. Tempi di avventura, di rischio, non si era mai tirato via. “Papa, il solito?”, lo distrae il barista. “Yeah, doppio. E togli lo zucchero, dopo Cuba ormai non posso più, col diabete”. Gesù, Cuba. Le ore trascorse a pescare e nuotare e bere e vivere, prima che Martha lo raggiungesse a L’Avana: sbuffa di nuovo, e ripensa al suo Daiquiri alla Floridita, al suo Mojito alla Bodeguita, a quegli stronzi del Premio Nobel che alla fine glielo diedero per un romanzo ambientato proprio là. “A Ernest Hemingway, per la maestria recentemente dimostrata…”. Recentemente? Aveva dedicato la vita a raccontare e scrivere, altro che recentemente.
“Non capite un cazzo”
“Hai detto qualcosa, Papa?”
“No, scusa, pensavo. Buono, comunque, ma il prossimo con più pompelmo”.
In fondo c’è un signore un po’ più in là con gli anni. Si muove appena, non dice una parola. Tiene un tumbler stretto in una mano, si sente il tic del suo pesantissimo anello contro il bicchiere. È da solo al bancone, ma un paio di uomini seduti all’ingresso sono lì a tenerlo d’occhio, non si capisce se per proteggerlo e per pedinarlo. Guarda fisso in basso, quando uno dei suoi lo raggiunge e gli si siede accanto.
“Dite, Don“
“Quello che voglio, what’s most important to me, alla fine non ce l’avrò mai”. E inizia a parlare di famiglia, di rispetto, con l’accento marcato e la mascella rigonfia che gli si irrigidisce quando l’argomento si fa ancora più serio.
“Pensa che questo lo distillavo io, quando quei sonsofabitch si inventarono il Proibizionismo. E per cosa? Il potere, i soldi. Mi hanno inseguito e minacciato, e io mi sono nascosto e li ho puniti”.
La gente, dal paesino in Italia fino ai blocks di New York, gli si inchinava davanti quando passava per strada. “A volte mi chiedo se ho sbagliato tutto. Sai quante ore al bar mi sono perso, a stare sempre in guardia, sempre all’erta?”.
Ripensa al male che ha fatto, al desiderio di riparare ogni cosa, che non esaudirà mai: e resta zitto fino a quando il barista gli allunga una mano.
“Un altro, Don?”
“Che te lo dico affare. Questa, sì, è una proposta che non posso rifiutare”.
Vanno via uno dopo l’altro, sfiorandosi senza conoscersi come spesso succede a chi frequenta il bar da solo. Rimane il barista, insieme al giovanotto che gli dà una mano con i servizi. Tira sul bancone una bottiglia di gin e un’altra di Dubonnet, le spolvera e le tiene là.
Il ragazzo alza il mento verso la porta: “Sta arrivando?”
“Di solito passa per quest’ora. Ha quel nipote con la moglie che fa l’attrice, la fanno sempre innervosire. Secondo me oggi ne beve due”.
Vesper Martini
Vesper Martini
Il cocktail spuntato dalla mente affilata di Ian Fleming, padre letterario di James Bond, che 007 dedica alla maledetta amata Vesper Lynd in Casino Royale.
6cl Gin
2cl Vodka
1cl Lillet Blanc (in origine era Kina Lillet, oggi non più in commercio)
Shake&Strain
Coppetta
Guarnizione con ricciolo di scorza di limone
Papa Doble
Creato per, e dedicato a, Ernest Hemingway, leggendario giornalista e scrittore, Premio Pulitzer nel 1953 e Nobel alla letteratura nel 1954 per Il vecchio e il mare. Hemingway finì il romanzo durante il suo primo soggiorno a Cuba, una delle terre da lui più amate e frequentate: a causa del suo diabete, inventò una soluzione per un Daiquiri meno dolce, che al posto dello zucchero prevedesse succo di pompelmo e Maraschino, per un sorso decisamente più forte e secco.
6cl Rum
3cl succo di lime
2cl succo di pompelmo
1cl Maraschino
Shake&Strain
Coppetta
Godfather
Classico del Proibizionismo, unione sublime dell’italianissimo liquore all’amaretto (Disaronno è oggi il benchmark nel mondo) con lo scotch whisky, che a cavallo dei ruggenti anni ’20 era forse il distillato (ovviamente di contrabbando) più adorato negli Stati Uniti. Insieme a Godmother (vodka al posto dello scotch) e French Connection (con cognac) forma la cosiddetta Triade della miscelazione.
5cl Scotch Whisky
1.5cl Amaretto
Stir&Strain
Tumbler Guarnizione con scorza di limone
Dubonnet Cocktail
Commenti