A fil di fumo

La Vitola perfetta

Addentrarsi nel complesso mondo dell’habano non è impresa facile.

Non lo è a causa delle molte prerogative che lo distinguono donandogli una particolare unicità. In qualche modo, inoltre, la storia dell’habano si può identificare con la storia del sigaro nelle sue mille, rigogliose sfaccettature. Ogni tassello di questa affascinante storia si inserisce perciò in un immenso affresco i cui colori potranno forse sembrare sbiaditi in alcune parti, ma la cui vitalità è fissata nella storia del costume e in una pluricentenaria tradizione. Tra gli aspetti più affascinanti di questo mondo è indubbiamente la caleidoscopica fioritura di moduli dalle misure diversissime, realizzati per garantire al suo fruitore, sempre, l’unicità di un momento, nel rifiuto della pervicace logica di omologazione oggi ormai dominante. Della nobile rivendicazione di originalità e di esercizio del libero arbitrio l’habano è sempre stato e continua ad essere baluardo, sicché neppure i trend produttivi più recenti sembrano destinati a scalfire il carattere di questa singolare filosofia. Passino quindi le mode nella loro aleatoria ridondanza; per l’appassionato autentico, amante della misura, cultore del Tempo che scorre e che insinua dubbio e conoscenza, la roccaforte di questa tradizione si presenterà sempre difficile da espugnare.
Nonostante l’elenco delle referenze prodotte manifesti una continua, inevitabile evoluzione dovuta alla volubilità nei gusti dei fumatori, esiste tuttavia uno sparuto gruppo di vitolas che identificano la cultura dell’habano nella sua più limpida essenza. L’indispensabile esplorazione di alcuni moduli, vere pietre angolari della scuola habanera, consente infatti di individuare i caratteri essenziali della sua tradizione e di trasferirli su un piano concreto, forse l’unico plausibile e logico, che è quello di un ricercato piacere; che esso si sposi con la cultura e con il savoir faire che contraddistingue l’autentico estimatore è poi cosa tutt’altro che inusuale: diremmo anzi che i due aspetti sono parte un connubio pressoché inscindibile. Avvicinarsi ai moduli più rappresentativi del vitolario cubano costituisce dunque un passaggio obbligato, quasi un percorso di iniziazione, cui non ci si può sottrarre pena la visone manichea di una realtà che deve invece essere colta come unicum indivisibile. 

Tra le vitolas che definiremo storiche, classiche o imprescindibili, una si erge su tutte per maestosità dimensionale e per ricchezza aromatica declinata naturalmente nel rispetto dei gusti di ognuno; si tratta del Julieta No. 2, altrimenti noto come Churchill. 

Le ragguardevoli dimensioni (RG47x178) rendono questo sigaro un manufatto particolare, ricercato e complesso, la cui evoluzione può essere padroneggiata nelle più intime sfumature solo da fumatori esperti. Si dirà, ovviamente, che esistono habanos di dimensioni maggiori, in grado quindi di garantire un percorso gustativo di migliore ampiezza, e di certo è così, non v’è dubbio alcuno. 

Tuttavia, è nel Julieta 2 che l’armonia delle parti, il volume di fumo, l’evoluzione e il tempo di fumata raggiungono le vette di un equilibrio ideale, pressoché perfetto.

Potremmo cioè dire che questo modulo è in grado di esaltare al massimo, e in una veste sontuosa, la fascinosa opulenza del tabacco cubano, la competenza del Maestro Ligador e l’abilità dei torcedores più esperti. Se ogni sigaro narra un racconto, allora la storia evocata dal Julieta 2 pare essere quella in cui gli interpreti hanno modo e Tempo di esprimere al meglio tutta la loro raffinata personalità. 
Ed eccoci, finalmente, dinanzi al Tempo. Misura di tutti gli accadimenti umani, esso pare aver scelto di tessere un legame speciale con l’Habano e la calma, misurata lentezza del suo incedere: non vi sono deroghe o intromissioni nella magia creata dalle volute di un fumo azzurrino e la lentezza, inesorabile e dolce, del Tempo che scorre.

E se fumare un Julieta 2 vuol dire disporre di un’oasi temporale quantomeno ampia, possiamo garantirvi che non v’è raffinato conoscitore che si sia mai pentito di avergliela concessa. 

Oggi, tuttavia, questo modulo non gode certo di grande popolarità: è infatti troppo impegnativo per i frettolosi, moderni fumatori; è accaduto così che, nel breve volgere di un decennio, il Churchill abbia visto assottigliarsi enormemente il numero delle referenze ad esso dedicate. Di autentici monumenti come Bolivar Corona Gigante, Saint Luis Rey Churchill, H. Upmann Monarcas e El Rey del Mundo Tainos, solo per citare alcuni illustri esempi, non rimane che un commosso rimpianto. A tenere alto il vessillo di una suprema classe sono rimasti solo tre irriducibili, sontuosi mohicani:  il Cohiba Esplendido, il Romeo y Julieta Churchill e l’H. Upmann Sir Winston. 

Nel proporre al lettore un campione della categoria abbiamo infine optato per la regale magnificenza di un classico come il Sir Winston di H. Upmann.

Lo abbiamo scelto forse per motivi affettivi, per le tante occasioni importanti in cui si è sempre mostrato compagno fedele e impagabile nella sua fiera generosità; lo abbiamo però anche scelto perché esso, sin dalla boite nature che lo accoglie, riporta ogni appassionato alla tradizione più antica, a una cultura fondata sul pilastro della qualità assoluta. In produzione sin dagli anni ’60, questo sigaro ha infatti superato con la britannica flemma che il nome gli impone ogni genere di moda esprimendo una costanza qualitativa di riferimento.
Non è facile trovare un box di Sir Winston; questo sigaro è prodotto in pochi esemplari e, vista la sua fama di grand gagnant, quando appare nelle tabaccherie non vi resta a lungo, preda degli estimatori più attenti.
L’emozione inizia con l’estrarre l’elegante BN laccata dalla controscatola in cartone, un privilegio riservato solo ai sigari d’alto rango. Vestito di una livrea austera, quasi marziale, con fasce colorado tendenti al maduro dai toni dorati di misurata luminosità, il Sir Winston pare incarnare lo spirito del suo eponimo, Sir Winston Leonard Spencer Churchill, personaggio di arcinota volitività caratteriale e vorace consumatore di Julietas 2. La mise di questo sigaro induce, in qualche modo, a riflettere sul reale valore delle cose. Già, perché nonostante fasce non vantino forse la sericità di quelle di un Esplendido di Cohiba, alla prova del fuoco il Sir Winston mostra tutto il suo valore di autentico capolavoro dell’arte tabacalera cubana: essere, non apparire, pare essere il motto che più si attaglia a questo magnifico manufatto.
L’incipit è sornione, come deve essere per ogni habano che abbia un largo così pronunciato, ma sin dai primi puff il ritmo si fa sempre più inebriante, avvolto in un alveo di virile, garbata armoniosità. Centimetro dopo centimetro la percezione della complessa e raffinata gamma aromatica viene esaltata in ogni sfumatura. Il racconto si fa articolato, suadente, in un percorso espressivo non opulento ma di ammaliante eleganza, decantato in un incedere misurato e cerebrale. Non c’è spazio per la fretta, quando si sceglie di godere un sigaro così.

Ben oltre l’espressione di una sinfonica grazia, il Sir Winston rappresenta un invito alla calma, alla meditazione, alla comprensione del Tempo che scorre con una fluidità densa di emozioni e di ritrovata consapevolezza. 

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Giuseppe Elefante
56 anni, Salentino, architetto con una grande passione per il tabacco e i sigari, habanos in particolare. Ha rivestito a lungo il ruolo di responsabile nazionale dei Corsi Catadores di Cigar Club Association, scrive su riviste del settore e da tempo collabora con Diadema SpA. Nel 2017 ha pubblicato il suo primo romanzo, Il Dio del Mare.

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1 Commento

  1. Come sempre impeccabile

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