Ogni tanto nel fumoir ti ritrovi con vecchi e nuovi amici e spesso accade che fumi qualcosa di nuovo, delle anteprime. Talvolta il sigaro è già pronto per essere fumato, molto curato: la manifattura è controllata per dare il meglio di sé ed esprimere al massimo le qualità del nuovo sigaro.
Quindi, quando all’ultimo Festival del Habano – svoltosi in presenza come si dice ora – ho avuto modo di fumare i nuovi sigari della Linea de oro di Romeo y Julieta ho subito pensato: “Chissà come saranno dopo un buon periodo di affinamento”. Erano ottimi subito, anzi…
Per essere precisi non è mai accaduto, sino ad ora, che dei sigari avana, adeguatamente affinati, non siano stati all’altezza di quel primo assaggio, anzi quasi sempre sono risultati migliori.
Mentre ciò che giunge nel box in tabaccheria abbisogna di affinamento, il campione/anteprima è già, in un certo qual modo, pronto per essere fumato.
Pertanto, quando si acquistano i sigari “freschi” i limiti della giovinezza potrebbero giungere a turbare una fruizione corretta, ma chi è avvezzo a riconoscere en primeur il “carattere” di un manufatto potrà facilmente riconoscerne le qualità, e dopo averlo acquistato, consentire al tempo di rendere giustizia e merito all’arte tabacalera della Isla Grande.
Riconoscere le qualità insite di un nuovo prodotto non solo non è da tutti, ma implica anche una certa conoscenza della materia prima, dando per scontate le capacità del produttore di trasformarla e rendere felici i fumatori.
I sigari avana hanno bisogno di affinamento e il tempo speso per una buona conservazione rende poi il sigaro migliore: per alcuni sigari il periodo può durare anche 5 o più anni.
Spesso, quando non si ha la possibilità di reperire “campioni” o non si hanno quelle capacità di valutare en primeur, per evitare di acquistare al buio, si consultano le riviste o i blog in cui “esperti” – o quanto meno “sedicenti tali” – danno indicazioni e descrivono i sigari offrendo una valutazione formalmente ponderata e obiettiva.
Le riviste – e soprattutto i panelist delle stesse – dovrebbero essere capaci di riconoscere il buono, l’eccellenza e così via. Ma stranamente, accade spesso nelle classifiche di fine anno, che certe recensioni e punteggi siano direttamente proporzionali alla pubblicità presente nelle stesse riviste: nelle classifiche dei sigari premium compaiono addirittura piccoli produttori di paesi caraibici che a volte non hanno nemmeno una finca, ma che azzeccano un prodotto e poi nei due anni successivi non riusciranno a mantenere nemmeno una sufficiente capacità produttiva.
I fumatori di avana se ne sono fatta una ragione e, al di là di un solo esempio ovvero l’Amateur de Cigar, non ci si aspetta di avere delle indicazioni adeguate soprattutto quando si tratta di classifiche.
L’ADC regala un’intera rivista chiamata HAVANOSCOPE ogni anno e cosi dà i voti e le info non mischiando “la seta con la lana” e cosi via, poiché comunque al di là di ogni considerazione prodotti diversi non possono essere comparati.
Ecco perché sere addietro mi sono chiesto: questo tipo di valutazioni non corrette che vengono però presentate in guide e riviste esistono solo in questo ambito o tutto ciò accade anche in altri settori?
Ovvero: i parametri che frequentiamo con le valutazioni dei sigari “en primeur” possono essere applicati a qualcosa di diverso come la ristorazione? Tutto ciò è un esercizio molto complicato quanto difficile, ma mi sono divertito tanto. Si possono intravedere capacità e dare buoni voti in prospettiva di crescita.
Intanto è giusto partire dalla conclusione: non si può.
Un amico di “merende” e fumate, Giovanni (un gourmet e per certi versi talent scout) mi aveva invitato a provare la cucina di SOLAIKA da più di un anno, ma io ero rimasto legato a quella di Alessandra dell’Alex, sicuramente meritevole di grandi riconoscimenti e depositaria delle preferenze di tantissimi, come me, a Lecce.
Così come i fumatori di avana non indietreggiano nel provare le nuove uscite, ma anzi sono curiosi di testarle, così ho volentieri dedicato una serata a questa giovane ventitreenne, diplomata nella mia cara Santa Cesarea Terme, che ricordo più per la casa di Carmelo Bene che per il moresco Palazzo Sticchi posto difronte al Palazzotto del genio salentino.
Devo dire che non ho cambiato opinione, ma ho avuto una bella esperienza.
PRIMO RESTAURANT, e soprattutto Solaika, ci ha offerto un crescendo di nuance e sfumature per giungere a piatti più strutturati tra cui spiccavano l’animella laccata con il gambero, le lumache con aria di cipolla, la lingua e tant’altro. La sorpresa è stata constatare la maestria nel coniugare territorio e tecniche diverse oltre a saper districarsi con materie prime povere: il tutto portava a una summa di emozioni che, sollecitando proprio il ricordo della cucina territoriale, riusciva ad accontentare il palato, ma nello stesso tempo sorprendere.
Devo ricordare a me stesso che il gelato al pomodoro con ricordo della frisella salentina spiccava su tutto.
È certo che, se non fossi stato alla fine di un percorso di degustazione, ne avrei ordinato dell’altro.
Il paragone con questa giovane promessa dell’arte culinaria contemporanea salentina e l’attesa di maggiori e meritati riconoscimenti all’Alex c’è tutto: da un lato la giovane sicuramente è già pronta per impressionare, ma immaginiamoci tra dieci anni cosa sarà capace di fare se avrà la curiosità e la costanza di volersi migliorare? dall’altro lato Alessandra che ormai domina tecniche e territorio e ha offerto una vasta rappresentazione della sua idea di cucina oltre a essere un’“amica” dei fumatori di avana.
Ciò che inquieta in questo campo è che le guide dovrebbero, attraverso i riconoscimenti, pensare in nome del fruitore/cliente: invece accade che la realtà venga demistificata come se la guida di turno più che a valutare obiettivamente pensi a orientare il consumatore sulle proprie preferenze e rappresenti la propria idea di cucina non valorizzando il nuovo e buono dando le giuste valutazioni.
In ordine alle guide e alle riviste il discorso è comune in relazione alle modalità di valutazione: pensate che per avere un campione adeguato di sigari da valutare bisognerebbe almeno fumarne una scatola, quindi il giudizio è legato a un campione minimo.
Ma torniamo al paragone con il mondo in cui mi destreggio meglio, in campo avanofilo. I grandi sigari come i Connoisseur n.1 e n.2 di. H Upmann non hanno avuto i giusti voti dalle riviste specializzate, ma conoscendo qualche panelist di alcune riviste non me ne meraviglio perchÉ, nel migliore dei casi, hanno una preclusione mentale e nel peggiore non riescono a percepire aromi e sapori.
Ovviamente la mia opinione conta quanto 5 lire, ma a pensar male… Diceva qualcuno si fa peccato ma quasi sempre si azzecca.
Spesso i consumatori sono legati al brand: più costa più si presume sia buono e da qui nascono i fumatori di anillas, non di sigari.
Per concludere, non sempre si dà “a Cesare quel che è di Cesare” ma basta saperlo, basta saper leggere tra le righe o basta leggere le guide serie e non legate alla pubblicità o leggere blog quanto meno dichiaratamente schierati: a questi ultimi basta fare la tara delle partigianerie e si riescono a trovare indicazioni più che utili.
Ma l’argomento delle riviste e delle guide mi ha tanto stimolato che abbiamo deciso di dare i voti a coloro che “danno i voti” con le classifiche e le recensioni infarcite di descrizioni tanto dettagliate quanto a volte ridicole. Un amico meno avvezzo a essere “diplomatico” di me a uno di questi fenomeni dell’analisi riferendosi allo stesso disse: “Ma tutte queste cose ci sono nel sigaro?” per poi aggiungere “…forse nel mio ne avevano finito qualcuna”.
Ora, esasperazioni ed esagerazioni a parte, ciò che conta è fumare un buon avana da solo, come vorrebbero i puristi, o abbinandolo a quel che più ci piace e passare un paio d’ore in spensierata estasi viaggiando da soli o in compagnia dopo un pranzo, un aperitivo o semplicemente un buon caffè, tè, della semplice acqua… io la preferisco gasata.
...segui Nicola.
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