Gigi mi presenta la Veneziana della Peca.
La guardo, a mia volta, la vedo raccolta, essenziale, monastica.
Apro il cellophane, ne taglio una fetta: la annuso, la guardo, la tocco, la mordo… dapprima timidamente, poi, più determinata.
Mi viene davanti l’immagine di una monaca di clausura, intuita dietro i forellini di una grata, cercando di immaginare cosa possa esserci “di là“.
Quando odi la voce, suadente, della monaca e la sostanza dei suoi discorsi capisci che, “di là“, c’è un pezzo di paradiso!
Così, per me, è stata l’esperienza della Veneziana-Peca: un giardino fiorito, un orto profumato e balsamico, una coralità di sapori celestiale.
C’è la perfetta dose zuccherina, idonea ad attribuire il ruolo di protagonisti assoluti solo all’albicocca candita (voluttuosa… volutamente con la giusta moderazione) e al rosmarino in estrazione (dapprima timido, poi sempre più intenso e aromatico, al punto da lasciare la scena del palato come ultimo tra i suoi protagonisti). Il tutto, in una veste morbida, elastica, di raffinata tessitura.
Quando tu assapori io e le mie papille gustative godiamo grazie
Non ho parole Chiara, posso solo ringraziarti per come l’hai descritta, complimenti per l’originalità e il coinvolgimento che riesci a trasmettere leggendoti!