Bartitsu

Dire Dogs

Gli animali fanno paura all’essere umano.

Qualcosa di loro lascia sempre instabile l’animo dell’Homo Sapiens.
Si può parlare di timore reverenziale, di sudditanza rispetto a determinati istinti, oppure ancora di terrore ancestrale per essere stati loro prede per millenni.
Gli animali fanno paura all’uomo, ma a questo, ne fa molto di più l’uomo che gli ricorda i suoi aspetti più primitivi, più reali, più consoni a una vita che dovrebbe essere elitaria riguardo la sopravvivenza (forza, scaltrezza, preparazione per dominare il territorio, per proteggerlo insieme ai propri compagni, furore) e che invece è scandita dal suono dei tasti del telecomando.

Per provare il faccia a faccia con l’Uomo che non ci si deve lanciare da un ponte, correre a velocità folli o che, basta dirigersi in una località montana, entrare in un bosco e vivere i DIRE DOGS.

Su di loro è stato detto tutto e il contrario di tutto: nazisti, fascisti, rappresentanti di una mascolinità tossica, eco-terroristi, criminali, incitatori alla violenza, esaltati… e la loro risposta al perché non controbattano è sempre una: “Sti cazzi!”.
Una risposta che non vuole dare risposte, perché giustificarsi sarebbe abbassare il capo davanti all’idiozia dilagante e questo è inaccettabile per una tribù, per degli uomini e donne che non vogliono rendere conto della loro libertà.
In estrema sintesi i Dire Dogs, sono questo, una tribù e non di quelle moderne, che basta una patch sul giubbotto o lo stesso abbigliamento per vedersi il weekend e stare insieme, ma una vera tribù, con una fortissima componente rituale/spirituale, con leggi chiare, semplici e feroci, con una volontà individuale e condivisa di spingersi verso un’evoluzione personale che non sia un tributo alla società ma a loro stessi.
Da fuori tutto è guardato con diffidenza, con timore di cacciarsi nei guai, da dentro invece si riscopre chi si era e si dovrebbe essere. Una sorta di specchio che riflette esattamente l’occasione mancata di sentirsi uomo e vivo.
Per poter sentire sulla pelle il marchio dei DD, ho dovuto prima guadagnare la fiducia e il rispetto (come è giusto che sia in ogni tipo di rapporto, ma anche qui ce ne siamo dimenticati in nome del Peace&Love), ho dovuto mostrare e dimostrare di poter partecipare a un loro Moot o semplicemente poter domandare, chiedere, farmi raccontare… nei Dire Dogs non si entra con una quota annuale, non si accede per gioco, scherzo, come in una palestra che poi si frequenta o non a proprio piacimento e senza pensieri.
Se ci si candida come Prospect, consapevoli di una vita tesa alla sottrazione, all’abbattimento del comfort, della natura imposta dal consumismo e dall’impostura mediatica, ci si candida a un anno di prove continue, di impossibilità all’assenza, di partecipazione anima e corpo alla costruzione di una via di grande potenza interiore.
Quando mi sono trovato in quel bosco, svuotato del mio ruolo quotidiano, spegnendo il cellulare più a lungo possibile, tra volti concentrati ma amici anche nella loro prima volta insieme, ho registrato un cambio di rotta del ritmo del cuore, dei sensi. Tutto si acuiva, tutto diventava più presente al momento, c’era in quell’aria mattutina una presenza che stava valutando ciascuno di noi, incarnandosi in L. il capobranco dei D.D.
In quel momento ho capito, o meglio intuito fortemente, cosa voglia dire immergersi nei #44, nella loro libertà, nell’illegalità che li contraddistingue (attenzione, “illegale” non è “criminale”, ma fuorilegge inteso come oltre il confine di quest’ultima), nel loro rispetto immenso per la terra e la natura generatrice di forza e tensione. In quella virilità furente, ringhiante, che è pura energia generatrice di azioni e idee.
Ho messo, insieme agli altri, in moto il mio apprendimento imparando da M. il grappling; ho messo alla prova il mio fisico in uno sparring leggero di bareknucle e poi in uno con i guantoni (anche se il pugilato non è la mia disciplina, ridendo insieme a S. mentre ce le davamo).
ho camminato, inerpicandomi su per i boschi, sentendo la fatica delle strade di città, dell’uso della macchina, della sedia. Una volta in cima con L. ho parlato del motivo per cui mi trovavo con loro, guardando questa vallata immensa, gloriosa, lussureggiante che mi si parava innanzi come fosse la culla di quel brodo primordiale che ancora oggi sento di essere, e in cui gettarmi per potermi dare altre direzioni e valori.
Ho imparato la conoscenza silenziosa dell’altro, mentre si entra in luoghi sacri, attraversando percorsi impervi; quella conoscenza di movimenti, respiri, sguardi, sudore e gambe che spingono per farcela, per raggiungere l’obiettivo.
Il sole, il suono del fiume, il cielo che poi si copre e inizia a far piovere leggermente mentre si taglia la legna e vengo tatuato handpoke a terra da S. bravissima tatuatrice e membro dei DD. Tutto è stato un ricordarsi come l’esistenza sia un merito, come la vita, il cibo, il calore, tutto sia qualcosa da guadagnare costantemente, anche in solitudine, in una battaglia eterna contro il vuoto dello zeitgeist.
Il momento più alto, intenso, dopo la giornata di sforzi e prove, a digiuno, è stato il rituale, in cui l’uomo è diventato lupo e ha camminato tra altri uomini. Una notte di luna nera, che ha trasformato il bosco di un fondo di sacco in cui ogni rumore era un segnale della vita che lo compone. Il fuoco, alto, i volti dipinti, i corpi sudati e le facce trasmutate della tribù che ci annusava, ci vagliava, il respiro e i suoi crescendo, il furore e le urla, i colpi inferti da due membri che incanalavano quella frenesia sacra che scendeva nei guerrieri durante la battaglia, i colpi sordi sui corpi, gli ululati al cielo e il ritorno all’umanità sacralizzata; il richiamo atavico al Lupo, alla storia, a chi non dobbiamo essere e a cosa dobbiamo aspirare… non ci sono parole per lo stato di euforia dell’anima che i Dire Dogs hanno creato, per l’ascesi ritrovata e che si è consumata davanti al bivacco, tra risate, musica e cibo. Finalmente simili.
Ha piovuto quella notte, ho dormito per modo di dire. Un animale è venuto contro la tenda con il muso proprio mentre stavo riposando e gli ho dato un mezzo pugno dicendo “Vaffanculo, stavo per dormire”. Sono tornato a casa, dopo aver salutato tutti con la promessa di rivederci, non cambiato e nemmeno ritrovato. Tutto è stato familiare. Tutto così pieno di una forza conosciuta e che in me si è sempre fatta strada a sprazzi, soprattutto nel mio essere combattente.
Sono tornato, in tutti sensi su un cammino ben preciso, quello stesso cammino che ha fatto bannare tutti i membri dei D.D. da Facebook e Instagram, cancellando i loro profili in cui parlano di natura, pensiero libero, umanità reale e non fittizia, forza, mascolinità, onore, sincerità nello spirito e nella carne. Insomma, censurati, cacciati, temuti… stanno creando un percorso che manda in tilt i pensieri partitocratici e politici, il pensiero borghese, comodo e rassicurante, schiaffando in faccia a tutti il ricordo dell’animale che erano e che non saranno mai più.

Ciascuno di noi ha una scelta.

Io ho scelto di non chiedere di entrare, perché mi sembra irrispettoso “non esserci” al 100%, (anche se mi è stato detto di non dare per scontato nulla nel futuro) ma ho scelto di continuare il mio tragitto, sapendo che posso contare sul conforto di un gruppo di uomini e donne, di cui forse nessuno saprà mai, ma  con le loro vite stanno movimentando forze spirituali e filosofiche importantissime.
Questa tribù violenta negli sguardi, nei sorrisi taglienti, nelle mani che ogni giorno si danno da fare in lavori concreti e necessari alla sopravvivenza, questa tribù è il tempo perduto che torna a chiedere il conto a ciascuno di noi.
E se nessuno gli dirà mai “Grazie”, la loro risposta sarà sempre “Sti cazzi”.
...segui Alex.

Carlo Freccero

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Alex Pietrogiacomi
Giornalista, scrittore, ufficio stampa e consulente editoriale, da anni indaga la bellezza in ogni sua forma. Cura e ha ideato, la collana Blister Black Tie per Agenzia Alcatraz Edizioni. Ha pubblicato come autore e curatore, tra i vari titoli, TRATTATO DELLA VITA ELEGANTE, APOLOGIA DEL DUELLO, CHEZ D’ANNUNZIO, ELOGIO DELLO SNOBISMO, SEMPLICE,ELEGANTE, BIGLIETTO, PREGO, MISHIMA MARTIRE DELLA BELLEZZA e ha partecipato a molte raccolte di racconti e riviste lettterarie. Dal 1985 pratica a livello agonistico il Karate Shotokan e combatte nei pesi massimi, membro della Nazionale Master F.I.J.L.K.A.M. Assorbire è il verbo che più lo convince nella vita.

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