Langhe doc Favorita 2019 Quila
Wikipedia ci dice che proprio la figura del mescitore avrebbe contribuito a far nascere tale espressione; possiamo quindi considerarlo il padre e il servo del bicchiere della staffa. Ma cosa rappresenta per lui? Cosa ne pensa, come lo vive?
Forse, come non esistono due fiocchi di neve identici, non si serve mai lo stesso bicchiere di commiato, ognuno è a sé. Ci si rivolge a persone differenti, in momenti diversi, con umore che varia… sì perché, insomma, le persone cambiano e se non lo fanno loro, cambia lo stato d’animo di chi mesce e di chi riceve.
Se parliamo di bicchiere della staffa nel suo senso più ampio intendiamo l’ultimo prima di salutarsi qualunque sia l’orario. Nel senso originario dell’espressione, invece, ci riferiamo a quell’ultimo prima di rincasare per andare a coricarsi. Capita che il desiderio di chi abbia lavorato sia solo di andarsene, e si serve quell’ultimo bicchiere nella speranza che duri il minor tempo possibile, per essere finalmente liberi di dedicarsi a sé stessi, o semplicemente di pagare qualche debito di sonno arretrato. Quelli più consumati del mestiere, non rinunciano mai a questo piacere, si auto servono, raramente a locale chiuso e in solitudine, qualche volta con i colleghi, più spesso approfittando della compagnia di clienti fissi e nottambuli o di interessanti new entry, allentando le tensioni della serata e preparandosi a lasciare lo stress alle spalle. Non è difficile, infatti, che si tiri fino a tardi e, quello che avremmo pensato essere l’ultimo bicchiere, si trasformi nel primo di una lunga fila.
Nulla cementifica il rapporto tra cliente e oste come l’ultimo goccetto, perché se con il primo si rompe il ghiaccio, con l’ultimo si può arrivare a personali confidenze, attimi di debole dolcezza ed infinita complicità. Il più sublime, a parer mio, è il calice che il personale ti serve gratuitamente, perché ha apprezzato la vostra compagnia, o il modo nel quale avete presenziato alla serata, o semplicemente per istintiva simpatia, o col secondo fine di farvi restare più a lungo poiché nutre un interesse che va oltre lo svolgimento delle proprie mansioni. Al contrario, può rappresentare un momento di straziante agonia.
Il bicchiere della staffa rappresenta l’ostacolo che si frappone tra il serviente e l’irriducibile cliente che sembra non avere una casa e neanche pietà per chi avrebbe terminato il proprio turno già da tempo, ma che non può ritenersi libero finché sussiste una presenza umana oltre la sua, ostinata a rimanere per un tempo indefinibile. Spazio e tempo si dilatano, l’irritazione inizia ad insinuarsi, a nulla servono atteggiamenti di preavviso per allarmare il cliente dell’imminente chiusura poiché quest’ultimo, indifferente e probabilmente biascicante, continua il suo particolare percorso o decorso, interiore ed esteriore. Parliamo sicuramente del più delicato dei momenti, dove anche se si vorrebbe correre a casa propria, si ha l’obbligo morale, e intendiamoci solo morale, di ospitalità.
Siamo, sì, un popolo di poeti e navigatori, ma anche uno fra i più ospitali, che dedica al cibo e alla convivialità particolare attenzione. L’alcol in generale, e il vino in particolare, è per noi non un mero mezzo per ubriacarsi, ma qualcosa che viene vissuto culturalmente.









Commenti