Lo sgabello in fondo. È la sella sulla quale viaggerete stanotte, il sedile da cui muovere verso ricordi, profumi, suoni. Non troppo vicino all’entrata, ma mai troppo lontano: sedere al bancone, al posto giusto, significa avere una visione panoramica del minuscolo universo in cui avete deciso di entrare per una sera. Evitate di piazzarvi esattamente di fronte all’ingresso: siamo animali sociali, l’istinto di dare un occhio a chiunque sentirete entrare sarà difficilissimo da tenere a freno, e vi ritroverete con un torcicollo indesiderato nel giro di breve. Trovatevi uno spazio che vi permetta di isolarvi o buttarvi nella mischia, di parlare con il barista, con gli avventori o solo con voi stessi, di osservare e magari giusto un po’ anche essere osservati.
Il bar è un itinerario senza regole, per questo difficilissimo da rispettare a pieno e troppo spesso incompreso e sottovalutato: vi servirà un punto perfetto per poterlo conoscere.
Non sarete soli, comunque. Prima di tutto perché avrete un anfitrione, un Virgilio della bottigliera che a seconda dei vostri desideri e delle sue nozioni saprà portarvi dove meno vi aspetterete. Il bartender è una guida che ascolta sempre, spiega il giusto, ciarla mai: diffidate di quelli che preferiscono parlare di sé, delle loro tecniche e della loro apparente cultura. I veri professionisti vi accompagnano con le loro proposte e le loro creazioni, ma cosa più importante, dimostrano con i fatti: un sorriso e un bicchiere d’acqua per darvi il benvenuto, modi garbati ma non cerimoniosi, sensibilità e diplomazia per questioni spinose. Da quella parte del bancone, ricordatelo, ci sono orecchie e occhi che vedono cose che noi umani (avete capito insomma), che siano rivelazioni intime e romantiche o mascalzonate condannabili.
Un bravo bartender ha l’etica di uno psicologo o di un prete, quindi se vi racconterà quello che succede ad altri, con altri farà lo stesso delle vostre confidenze.
I migliori saranno quelli che vedrete asciugare i bicchieri anche dopo decenni di esperienze e contratti, e insisteranno con la stessa passione anche di fronte alle incongruenze (o meglio indecenze) di un sistema che li sottopaga e li sminuisce in continuazione: rispettateli, quindi, per l’impegno che prendono per lavorare, quando voi siete in cerca di svago. Sulle bretelle, sui tatuaggi e sui baffi all’insù potete decidere da soli.
Molteplici saranno i vostri compagni, nessuno uguale all’altro. Guardare dal vostro cantuccio vi garantirà un’esperienza umana di rara profondità, condita dai volti e dalle voci di persone che non avete probabilmente mai visto prima né reincontrerete più: ma in quel paio d’ore potranno diventare le anime che vorrete a bordo con voi, perché magari saranno lì con la vostra stessa (non) consapevolezza. Nessuno, tra i passeggeri abituali del bancone di un bar, sa davvero con certezza perché continui a sedere lì; eppure perseverano, come attratti, perché sanno che qualcosa accadrà, se non stanotte allora domani. Soprattutto quando si accomodano senza pretese e senza aspettative, meno si spera in un incontro o un avvenimento, più probabilità ci sono che esso accada.
Il bar è un tragitto senza tappe fisse, si segue il vento dell’ospitalità e ci si culla sulle onde della miscelazione, senza per forza avere una rotta: a voi scegliere in quale porto fare scalo, se un attracco antico come il mondo e le bevande che in tempi remoti venivano servite, o una banchina futuristica che parla mille lingue e scarica ingredienti di ultima generazione. La costante sarà rappresentata dai viaggiatori che con voi sceglieranno di partire ogni sera.
La destinazione, quindi, in realtà non esiste. Ne potrete però visitare infinite, tornare ogni volta nelle vostre preferite o prendere una sorsata di novità lunga settimane: ciascun cocktail che ordinerete vi farà da passaporto per una terra diversa. Troverete gli acquerelli di spiagge senza senso, quando avrete voglia di un tiki in tazze grottesche e dipinte che vi inebrino di r(h)um; o le praterie del vecchio Ovest se vorrete concedervi alla lussureggiante semplicità di un Old Fashioned fatto come una volta. La maestosa Firenze nel Negroni, la freddezza sensuale della tundra nel Vodka Martini. E ancora, Copacabana e samba negli spicchi di lime della Capirinha, un panama in vimini e un libro sull’amaca a Cuba con un Daiquiri; le capitali della bellezza sono tutte a portata di labbra, in una mappa liquida che avrete il potere di percorrere per intero, o una goccia alla volta.
E se per una sera perdete la coincidenza, tranquilli: al bar, le partenze non chiudono mai.
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