Vertigini

Il mio saluto a Lino Maga

Ci sarà sicuramente qualcuno più titolato di me a pubblicare un doveroso ringraziamento a Lino Maga, ma visto che Vertigo Maniac me ne dà la possibilità, sento il desiderio irrefrenabile di accodarmi.

Da anni volevo andarlo a trovare e, per vicende di vita personale, questa estate mi sono decisa a salire in Lombardia, per conoscere il creatore di uno di quei vini di cui, per quanto mi riguarda, è impossibile stancarsi di bere, al contrario di molti altri. Ne avevo sentito vagamente parlare, poi, durante un pranzo con Buscemi, scorgendo una bottiglia di Barbacarlo, lui inizò a tesserne le lodi. Mi è capitato di assaggiarlo, ma assaggiare non è bere. E in quel primo assaggio non avevo compreso profondamente. Poi finalmente l’ho bevuto, capendo così ciò che voleva dire Gaspare. In seguito, ho avuto la fortuna di lavorare in un ristorante in cui il Barbacarlo è stato aperto più volte e addirittura lasciato da un tavolo di produttori, forse alla ricerca della masticabilità alla Parker… Da un lato felice per quella bottiglia da poter bere, dall’altra incredula che non fosse stata capita da chi il vino lo fa.

Da lì, una riflessione: ma chi fa il vino ne capisce? Magari sì, ma forse non ne vive! E viverne nel modo in cui lo intendo io, non vuol dire che sia l’unica fonte di sostentamento, ma una dedizione alla vita/e. Ci sono produttori a cui devo la mia anima, poiché col loro vino riescono a farla vibrare nonostante il mio cinismo cosmico e lui è stato uno di questi.

Nell’incontro di quest’estate mi ha detto di essere dispiaciuto per la mia generazione, che siamo spacciati.

Interpretando forse male il suo pensiero, immagino si riferisse al fatto che, nonostante abbiamo tutto: tempo, condizioni di vita migliori, la forza e le conoscenze, sprechiamo le risorse in futili attività, senza essere dediti a nulla. Il Leopardi che è in me concorda e si rattrista per l’autenticità del pensiero, poiché lo condivide. Soprattutto perché la tradizione contadina sta scomparendo insieme agli ultimi che si sono sforzati di portarla avanti. Vorrei poter giurare a me stessa che sono pronta a raccogliere il testimone, ma, ahimè, il vino non lo faccio e non lo so fare e mi prende un profondo sconforto nello stappare bottiglie che non raccontano nulla!

Certo, non tutto deve essere magia né leggenda, anche se sarebbe bello lo fosse. A tutti coloro che ci sono riusciti con umiltà, rivolgo la mia più sincera gratitudine. E fra questi a Lino, che andava in vigna ogni giorno a compiere il proprio straordinario lavoro.

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Alessia Cattarin
Dicono di me: ironica e auto-ironica, granitica sulle posizioni lavorative e personali, ma malleabile se necessario. Socievole. Pessimista cosmica, ma in grado di illuminarsi davanti ad una bollicina. Senza mezzi termini, la diplomazia sembra proprio non riguardarmi. Capace, tenace e professionale, in uno strano modo persino paziente. I complimenti per ultimi: qualcuno ama definirmi Puntigliosa! Di me penso: sono un’irrimediabile sognatrice, una metallara, una fenice, un avvocato delle cause perse, una che non tollera sopraffazioni e ingiustizie. Cinica, per sopravvivere in un mondo concepito con sadismo.

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