La cucina è variabile e costante
Variabile perché l’incognita umana è sempre pronta a intervenire pur di seguir virtute e canoscenza; costante perché è possibile determinare una proporzione nella materia alimentare. Approssimativamente, la variabile esprime l’imprevedibile instabilità dell’essere umano, mentre la costante è un numero matematicamente irrazionale. E quando la cucina è buona, la somma di variabilità e costanza sembra generi una divina proporzione.
La frequente riproposizione di una proporzione aurea nella materia alimentare non ha fatto altro che spingere l’uomo a considerare tale armonia un esempio di bellezza virtuosa influenzando più o meno inconsciamente la sua creatività. Rivelando sul tale archetipo riferiamo una verità lapalissiana: mutando l’ordine degli addendi la somma non cambia.
Perché kiwi e pomodori, banane e peperoni, mele e lattughe, al pari di cicorie, ananas e cavoli sono esempi virtuosi di una costante aurea formalizzata con successo nel simbolo Φ (phi) e di seguito abbozzata senza successo:
1,6180339887498948482045868343656381177203091798057628621354486227052604628189024…
Altresì pietanze e manufatti gastronomici sono una forma alterata della proporzione aurea feconda di quella mirabolante variabile creativa umana.
Ripeto, la cucina è variabile e costante. E ciò detto vi inviterò a considerare il fatto che in questo universo meraviglioso le variabili non variano e le costanti non sono costanti.
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