Prima parte: il Blazer
Non è una giacca con i bottoni di metallo, ma un simbolo di appartenenza.
Sin da bambino ho cominciato la mia esperienza di appartenere a diversi gruppi: la banda di piccoli criminali del quartiere, l’organizzazione dei piccoli comunisti e tante altre… Fare parte di un gruppo per me significava sempre dare tutto me stesso all’idea che seguivo, essere pronto a combattere e mantenere sempre la parola data. Purtroppo, però, più vivevo più mi rendevo conto che c’erano tante persone, che facevano parte delle mie stesse organizzazioni, che non avevano nessun tipo di valori: pensavano solo ad avere qualcosa senza dare niente in cambio, di usare le altre persone per migliorare la propria posizione. Erano pronti a tradirti in qualsiasi momento, non avevano la spina dorsale per affrontare il nemico e aiutarti quando tu eri in pericolo. Tutti questi comportamenti non li ho mai perdonati a nessuno, e ho chiuso per sempre, a causa di questi tradimenti, anche le amicizie più importanti della mia vita . Molto presto ho imparato a fidarmi solo di me stesso e non aspettarmi aiuto e supporto da nessuno per affrontare il nemico.
Da tutte queste esperienze nasce la mia idea del blazer “Sono un io”, che dimostra la mia appartenenza non a un’organizzazione ma a un ideale, quello di essere fedele ai valori per me fondamentali: Me Stesso e la mia famiglia.
Questo denota egoismo, egocentrismo e snobismo? Probabilmente sì, soprattutto agli occhi di quelli che non mi conoscono. Ma in realtà semplicemente sottolinea la mia personalità e il mio eterno desiderio di non fare parte di una grigia massa di persone, che tremano al pensiero di stare soli e non appartenere a nessun gruppo della società.
Parte seconda: la scelta della sartoria
È stata una fase molto lunga e accurata. Alla fine mi ha aiutato il COVID.
Quando le frontiere sono state chiuse e io non potevo più viaggiare, ho deciso di non cercare il Profeta lontano da casa.
Mi sono quindi rivolto ad un sarto di Parma, che dai veri conoscitori dello stile maschile può essere considerato uno tra i più bravi specialisti della giacca a doppiopetto: Franco Parmelli, un signore che ha più di 80 anni e un’enorme esperienza. Fare un Blazer da lui vuol dire vincere facile, e vincere facile piace a tutti.
Parte terza: il diavolo sta nei dettagli
La parte fondamentale che dimostra l’appartenenza di un blazer sono i bottoni.
La ricerca dei miei è durata più di un anno. Ogni bottone che vedete sulla mia giacca rappresenta qualcosa.
Sul petto ho messo due vecchi bottoni dell’esercito inglese che simbolizzano “Gloria o Morte”. Il teschio è anche il simbolo di “Memento Mori”. Vivere ogni giorno pienamente, come fosse l’ultimo. Il bottone con cifra 10 è il giorno della mia nascita, 10 giugno. Sicuramente non poteva mancare anche un bottone dell’epoca dell’ultimo Zar Russo. Un simbolo di un impero, che purtroppo è crollato. Per questo motivo il bottone con l’aquila a doppia testa è cucito a testa in giù. Anche tutti gli altri bottoni rappresentano le cose fondamentali per me. Forse vi svelerò qualche segreto in più quando sarà il momento…
I dettagli delle tasche sono state arricchite dalla seta ricavata da una vecchia cravatta regimental. La fodera è in una stoffa vintage del colore del sangue. E ultimo, ma non in ordine di importanza, è il tessuto. Dopo anni di ricerca la mia scelta è caduta su una lana di incredibile bellezza e ricchezza di sfumature creata da Porter & Harding. Un particolare ringraziamento va al sig. De Paz, proprietario di uno di più bei negozi italiani di stoffe inglesi, per avermi procurato questo spettacolare tessuto.
Ringrazio infine anche Giancarlo Maresca e Roberto Viscomi, che considero tra i gentiluomini più eleganti e insuperabili intenditori di tutto ciò che riguarda lo Stile Maschile, per i preziosi consigli e per il grande aiuto nello sviluppare in me il senso della vera Grande Bellezza Sartoriale.
* Tutte le foto sono di Giovanni Garritano.
grande
Grazie mille.