Utopia del bicchiere della staffa

Amy Winehouse

Con grande dispiacere “UTOPIA DEL BICCHIERE DELLA STAFFA” accoglie una delle voci femminili più belle degli ultimi decenni.

La britannica Amy Winehouse, non ha certo celato il suo indissolubile rapporto con l’ alcol.

Purtroppo sembra proprio che la causa del suo decesso sia stata avvelenamento etilico, avvenuto dopo un lungo periodo di astinenza grazie al programma di disintossicazione. La sua morte è sopraggiunta il 23 Luglio del 2011, a soli 27 anni, requisito che le ha permesso di entrare nel maledetto “Club 27”. Per chi non lo conoscesse, è un club senza tessera che comprende artisti, soprattutto della scena musicale rock, ma non solo, ad essere prematuramente morti all’età di 27 anni. Per la maggior parte di essi, la vita è stata travagliata, piena di sofferenza, solitaria e annegata in un mare di sregolatezza dal tragico, ma quasi sempre scontato, epilogo.
La londinese Amy era fan accanita, come FRANK SINATRA, del Jack Daniel’s e di molti altri alcolici. Purtroppo le sue ricorrenti sbornie la rendevano un tipo violento, litigioso e lesionista, famosi i suoi scontri con i fan durante i concerti o per strada.
Cantautrice autentica, per trovare ispirazione doveva vivere le proprie emozioni, soprattutto provare sulla sua pelle le sofferenze per riuscire poi a trasformarle e trascriverle su un pentagramma. Se un po’ di alcol l’aiutava con la timidezza, l’abuso le impediva di esibirsi dignitosamente sul palco, da lucida le sue performance più belle: indimenticabile l’esecuzione con Tony Bennet della canzone “body and soul”.

Al cinema questo Aprile è uscito Back to Black, film biografico sulla voce più rappresentativa del White Soul. La pellicola racconta a grandi linee la scalata al successo senza focalizzarsi troppo sul lato oscuro di Amy.
Per lei il bicchiere della staffa è stato un utopia, sembrava non ci fosse davvero limite al quantitativo alcolico che riusciva a bere. Il trangugiare grandi quantità di alcolici era una pessima abitudine che aveva anche prima del successo, mentre l’incontro con le droghe è avvenuto principalmente con quello che poi diventerà su marito.
Una personalità così fragile e bisognosa di amore è stata travolta dal successo e dal meccanismo dello star system, e né lei né le persone al suo fianco sono riusciti ad accorgersi di quanto la situazione stesse diventando pericolosa. La sua morte sembra esser stato un incidente, non voleva togliersi la vita, ma quello che stava patendo non lo sapremo mai. Sappiamo però come la stampa si accaniva in cerca dello scoop, di scatti fotografici che la ritraevano a pezzi. Nella sua ultima performance a Belgrado, Amy stava palesemente male. Suscita una tenerezza assoluta e guardando il video mi sono chiesta come sia stato possibile non solo che non l’abbiano fatta scendere subito dal palco, ma come sia stato possibile farla salire in quelle condizioni.
Il successo e i soldi sono un rullo compressore che schiaccia chi non riesce a regire nel modo convenzionale alle difficoltà. La sua dipartita mi è davvero dispiaciuta, aveva una voce incredibile ed unica.
L’abbinamento è con il suo cocktail preferito, citato anche nel film: Rickstasy. Tre parti di vodka, una parte di Southern Comfort, una parte di liquore alla banana e una parte di Baileys.

Alla voce jazz dalle musicalità divina: il mio più sincero Cheers!

...segui Alessia.

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Alessia Cattarin
Dicono di me: ironica e auto-ironica, granitica sulle posizioni lavorative e personali, ma malleabile se necessario. Socievole. Pessimista cosmica, ma in grado di illuminarsi davanti ad una bollicina. Senza mezzi termini, la diplomazia sembra proprio non riguardarmi. Capace, tenace e professionale, in uno strano modo persino paziente. I complimenti per ultimi: qualcuno ama definirmi Puntigliosa! Di me penso: sono un’irrimediabile sognatrice, una metallara, una fenice, un avvocato delle cause perse, una che non tollera sopraffazioni e ingiustizie. Cinica, per sopravvivere in un mondo concepito con sadismo.

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