Metrica

Una stanza tutta per sé

Femminismo in nuce, gastronome in erba

È strano, ma i romanzieri hanno l’abitudine di farci credere che colazioni e pranzi sono invariabilmente memorabili a causa di qualcosa di molto spiritoso che vi si è detto, o di qualcosa di molto saggio che vi si è fatto. Ma poche volte condiscendono a dire una parola su ciò che vi si è mangiato.
È una delle convenzioni del romanziere, questa di non menzionare la minestra, né il salmone, né l’oca tenera, come se la minestra e il salmone e le oche non avessero assolutamente alcuna importanza, come se nessuno fumasse mai un sigaro né bevesse un bicchiere di vino.
Qui tuttavia mi prendo la libertà di sfidare quella convenzione e di raccontarvi che la colazione ebbe inizio con le SOGLIOLE, distese in un piatto profondo, sul quale il cuoco del collegio aveva sparso uno strato della più bianca crema, tuttavia segnata qua e là da piccole macchie brune, come le macchie sui fianchi di un daino.
Dopodiché venivano le PERNICI, ma se questo vi suggerisce un paio di uccelli nudi e bruni su un piatto, vi sbagliate. Le pernici, molte e varie, arrivarono con il loro seguito di salse e insalate, quelle amare e quelle dolci, ciascuna al suo posto; con le loro patate, sottili come monete, ma più soffici; i loro cavolini, multifogliati come rose, ma più succulenti. E non era finito l’umido e il suo seguito, che già il silenzioso cameriere, forse lo stesso bidello in una delle sue più gentili manifestazioni, ci presentava, attorniato di tovagliolini, un dolce che s’innalzava tutto zucchero dalle onde. Chiamarlo BUDINO, mentalmente collegandolo con il riso e la tapioca, sarebbe stato un insulto. Intanto i bicchieri si erano riempiti di vino bianco e di vino rosso; si erano svuotati; si erano riempiti di nuovo.
E così a poco a poco si accendeva, a metà strada lungo la spina dorsale, sede dell’anima, non quella intensa lucina elettrica che chiamiamo conversazione brillante, la quale di solito esplode e scompare sulle labbra, bensì quel bagliore più profondo, sottile e sotterraneo che è la ricca fiamma gialla della comunicazione razionale. Nessuna fretta, nessun bisogno di scintillare. Nessun bisogno di essere altro che se stessi. Siamo tutti diretti in paradiso e Vandyck è fra noi; in parole povere, come pareva bella la vita, dolci le sue ricompense, triviali questo rancore o quel risentimento, ammirevole l’amicizia e la compagnia dei nostri pari, mentre accendendo una buona sigaretta ci si sprofondava fra i cuscini, accanto alla finestra.
"Una stanza tutta per sé" di Virginia Woolf 
* qui la versione in pdf
** qui c'è "Delicatessen", la rubrica del nostro Fabiano Guatteri

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