Primo Piano

Creep 2

I’m a weirdo (2/2)

Un assunto fondamentale dei sequel è: replica gli elementi che hanno portato al successo il primo film, ingigantendoli.
Hollywood si basa sulla serialità di film di successo. E lo fa con cognizione di causa: è un’industria e ogni industria deve perseguire l’utile. Non lo persegue? Fallisce.
Poiché parliamo di film, ovvero di (potenziali) opere d’arte, avere successo con una pellicola comporta dei rischi: come gestire le componenti autoriali in un sequel mainstream?
Ci si riduce a delle percentuali. Ogni regista, in accordo, o sotto diktat, con lo studio accetta lo stanziamento di un budget in cambio di una cessazione della propria integrità intellettuale.
Per fortuna ABBIAMO DELLE ECCEZIONI.

Creep 2 è esattamente tutto ciò che non dovrebbe essere un sequel, e lo è (o meglio: non lo è) volontariamente e consapevolmente. Il motivo è legato all’assenza di budget: Creep 2 è girato con due soldi, tre attori e portando all’estremo il found footage.

Passetto indietro.
Nella recensione del primo Creep SCRIVEVO che la grandezza del film stava nella capacità di dissimulare ciò che era evidente, in antitesi con le aspettative dello spettatore.
Creep 2 fa tesoro di questa lezione e la amplifica, decostruendo il meccanismo stesso di un film horror, Creep incluso, e lanciandosi in una riflessione metacinematografica implicita e chirurgica da cui lo spettatore non esce indenne.

La domanda principale che ci si pone assistendo alle interazioni tra Josef (che qui ha assunto l’identità di Aaron) e Sara è: quanto sono complici l’uno dell’altra?

Se nel primo film era chiaro che Josef fosse uno psicopatico e che Aaron venisse ammazzato per la propria ingenuità, in questo secondo capitolo Sara è un personaggio completamente diverso: smaliziata, non impressionabile, coraggiosa, la ragazza asseconda tutte le provocazioni di Josef, rilanciandole. E lo fa con un obiettivo preciso: realizzare il miglior episodio di Incontri, la docu-serie che nessuno guarda e che la giovane vorrebbe rappresentasse la propria affermazione artistica.
C’è una premessa diversa e più sottile rispetto alla transizione economica accettata da Aaron: Sara è consapevole di ciò che vuole, non si scompone, va dritta per la sua strada perché egoista (in senso buono) su ciò che la affermerebbe.

Il film si organizza di conseguenza.

Con l’escamotage della crisi esistenziale dei 40 anni di Josef/Aaron, Creep 2 smonta ogni elemento tipico dell’horror: gli jumpscares non fanno paura, nessuno dei protagonisti viene assassinato, la violenza non è mostrata, salvo la scena iniziale, e la complicità tra i due rende più sottili i confini sulla responsabilità di ciò che vediamo.

C’è una scena molto interessante nella quale Josef si spoglia di fronte a Sara. È un full frontal inaspettato e teso a sconvolgere la ragazza. Sara non batte ciglio, dà la mdp a Josef e si spoglia di rimando.

La scena è a inizio film e suggerisce una domanda su cosa vedremo dopo: spogliati di tutto, cosa resta?

La risposta è complessa.

Da una parte troviamo la necessità di reinventare un meccanismo, di renderlo appetibile dopo anni di sfruttamento. I dialoghi e la struttura narrativa sono solidi, ma spesso si gioca sull’improvvisazione. Questo indica una costruzione per certi aspetti doppia, dal momento che tanto più si improvvisa tanto più si dovrà organizzare il materiale in sede di montaggio, tradendo la componente finzionale del prodotto.
Da un’altra prospettiva veniamo coinvolti nella messa in scena, poiché, sposando il punto di vista di Sara, siamo co-partecipi di ciò che vediamo. E in questa circostanza il nostro sguardo si carica di una responsabilità diversa. Ci trasfiguriamo da spettatori sintetici a osservatori analitici. Troviamo la conferma della reinvenzione di un genere attraverso noi stessi in quanto ne accettiamo le premesse. Tanto Sara desidera raccontare una storia degna di concludere Incontri, quanto noi la legittimiamo osservando Josef senza esprimere giudizi.
E ne usciamo stravolti e cambiati, come lo sguardo finale di Sara, dritto in camera, con un impercettibile movimento di sopracciglio che tradisce lo stupore per una nuova realtà che non pensavamo potesse palesarsi con tanta forza.
...segui Gianpietro.

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Gianpietro Miolato
Formazione letteraria, passione per buon cinema e buona cucina di cui scrive su riviste del settore e su PassioneGourmet, ha trovato nella settima arte la scuola di vita che la vita stessa non gli aveva fornito. Un legame sanguigno, con alti e bassi, spesso cinico, mai enfatico. In una parola: onesto.

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