Chi è Alessandro Meluzzi?
È un medico e uno psicoterapeuta, uno psicanalista; ma anche un uomo di fede, un sacerdote della Chiesa Ortodossa Italiana; ed un padre di famiglia.
Qual è la sua più grande passione?
Lo studio, la lettura, la meditazione e la ricerca sul mistero dell’uomo e di Dio.
E la sua più grande paura?
La mia paura è che la morte mi faccia trovare di fronte ad un vuoto di senso. Quindi non è tanto la morte quanto la vita che è stata inutile.
Il colore preferito?
Sì, l’arancione, perché mi trasmette una sensazione di calore forte, come il sole.
In quale epoca viviamo?
Nel nostro tempo, che è un tempo di trapasso, un tempo di crisi ma anche di cambiamento. Un tempo di crisi, ma senza dimenticare che parola “crisi”, in giapponese, contiene due ideogrammi: “distruzione” e “modificazione”, “trasformazione”.
Cosa c’è dentro al bicchiere?
C’è un vino rosso che amo, un vino che viene dalle colline del Monferrato, dove vivo; quello fatto dai Romani e da coloro che hanno abitato queste terre fino a oggi.
L’ultimo pasto prima del patibolo?
Spaghetti alle vongole.
Fumatore? Se sì, cosa?
Non sono un fumatore e non sono mai stato un fumatore.
Il libro sul comodino?
L’opera omnia di Jorge Luis Borges.
Cosa accadrà domani?
Una profonda catastrofe della società così come l’abbiamo ereditata, ma anche un profondo cambiamento: diventeremo tutti più essenziali, più saggi e, sicuramente, più capaci – mi auguro – di auto-determinarci. Inevitabilmente, come in tutte le situazioni di crisi, esiste una componente darwiniana che consisterà nell’eliminazione della specie più inadatta: vi è da stabilire, in questo momento storico, chi sia il più inadatto. Non è detto che un grande capitano di industria non sia uno dei più inadatti, per intenderci.
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