Perché poi è soprattutto in questi frangenti di isolamento, di fragilità, di incertezza per la sorte tua e dell’intera umanità, che ci si intenerisce e si ha ancor più fame di cose buone, di profumi «familiari», conosciuti, che ci confortino e ci addolciscano il cuore.
Profumi d’infanzia magari, anzi sì, certo, profumi che siano in grado di calmare l’ansia crescente di questi giorni.
Allora chiudo gli occhi e, cercando nei cassetti della memoria, ricordo ad esempio quando, piccina, Papà un giorno mi abbracciò forte lodando un mio “bel voto” a scuola lasciandomi sui capelli il timbro della sua colonia inglese Floris Spécial 127, un tripudio di note esperidate, chypre e boisé. Accidenti, ancora me lo ricordo quell’abbraccio che suggellava e celebrava quel se pur timido successo!
Profumo, il più evocativo, etereo ma struggente degli élixir.
Piacere puro, inquietudine, continua ricerca, viaggio appassionato fatto di assonanze corrispondenze e spleen. Il profumo mi trattiene e mi respinge, mi rapisce ma, poi, generoso, mi libera in volo procurandomi abissi di vertigini .
Stanotte mi sono svegliata di soprassalto, ho guardato fuori dalla finestra la neve che scendeva a fiocchi e il mio animo si è placato immaginando che questa profumasse di latte e cognac.
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