Chi sei?
Sono orgogliosamente un enologo appassionato delle vigne e del vino.
La tua più grande passione?
Uva e vino.
La tua più grande paura?
Non ho paura nella mia professione. Ho timore e preoccupazione là dove mi accingo a fare un nuovo vino perché il vino al di là delle conoscenze e delle esperienze è sempre un mistero.
Il tuo colore preferito?
Il blu.
In quale epoca viviamo?
In un’epoca che non è mai stata vissuta prima. Un’epoca nuova non solo dal punto di vista del consumo del vino ma anche delle crisi sociali, delle guerre, delle crisi economiche, dei conflitti ideologici che sono molto pericolosi e il vino soffre di queste situazioni perché si beve nei momenti di pace e di serenità, di convivialità, che mancano. Il vino è qualcosa che unisce i popoli e a volte anche le religioni.
Cosa c’è nel tuo bicchiere?
La mia anima e la mia passione.
Ultimo pasto prima del patibolo?
Io non sono un mangione; mi nutro prevalentemente di verdure ma se dovessi scegliere un piatto sono per le cose semplici: tagliatelle pomodoro e basilico.
Sei stato o sei un fumatore?
Purtroppo sì. Sono arrivato a fumare fino a 100 sigarette al giorno. Ho smesso a quarantuno anni ma ne porto ancora le conseguenze.
Il libro sul comodino?
In famiglia abbiamo una passione comune: i libri sull’Impero Romano. Mi appassiona la loro strategia, non le loro guerre. Una macchina davvero perfetta con mezzi impropri rispetto a oggi. È un mondo davvero affascinante.
Cosa accadrà domani?
Intanto sono alle prese con la produzione di un docufilm sulla mia carriera; è molto bello perché mi fa rivivere gli anni di mio padre, di mia madre. Mi ricorda le voglie di strafare convinto di scoprire il mondo mentre poi mi sono reso conto che bisogna stare calmi e rimanere umili e tranquilli per non fare errori.
Nel campo della mia professione è tutto un PROGETTO. Abbiamo progetti nuovi su nuovi territori: siamo impegnati in Serbia, Croazia, Georgia; un po’ tutto l’est europeo che è un po’ la madre del vino. Il vino è nato lì. Poi si sono un po’ dimenticati il prodotto e adesso chiedono aiuto a chi ha usufruito del loro prodotto per riportarlo lì.
Lavorando nei cinque continenti, compresa l’Africa, non hai modo di fare solo vini diversi ma anche, ed è quello che mi esalta, di mettere in piedi progetti a lunghissimo termine: questa necessità di confrontarmi col futuro mi tiene vivo, così come trovo sia molto appassionante conoscere le persone.
Quest’anno ho fatto la mia 58^ vendemmia e, ad oggi, seguo 103 aziende: sono un veterano delle stagioni di mercato. Di natura, poi, sono un ottimista, e lo sono anche in funzione dei giovani. Questa litania che i giovani non amino il vino non è vera: si approcciano in modo molto diverso da noi. Loro bevono, ma vogliono arrivare preparati su quel determinato vino che vogliono degustare. A questo proposito, c’è una battuta che mi manda sempre in crisi esistenziale e che era in voga negli anni del pressappochismo enologico: quando il vino era buono si diceva: “va giù bene”. Oggi, invece, quando il vino è buono si tiene in bocca per assaporarlo a pieni polmoni…
I giovani sono cambiati e sono cambiati in meglio, e questo va detto.
...segui Riccardo o Famiglia Cotarella.
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