Serbo nella memoria, con tenerezza ed emozione, il giorno in cui, poco più che ventenne, mi recai in via de’ Bardi a Firenze nella CASA-BOUTIQUE di Lorenzo Villoresi , che divenne Museo nel 2018 in collaborazione con il Comune della città, per fiutare le sue note magie olfattive, analizzarle, per poi presentarle nel Salotto di Essenze d’Autore che avevo allestito nel centro di Milano ove, per più di un decennio, feci fieramente conoscere i prodigi dei più valenti Maestri Profumieri della rassegna artistica mondiale.
Mi impressionò la sua austera compostezza, l’erudizione e la profondità culturale che lo portarono anche a intraprendere numerose visite in Medio Oriente appassionandosi così al mondo delle spezie e ai suoi seducenti sentori, distinguendosi a tutt’oggi come profumiere indipendente e grazie al cui talento nel 2006 venne insignito del Prix François Coty in Francia, il più notevole traguardo per il curriculum di un profumiere.
Lo scorso ottobre presso il Teatro Litta di Milano, ricevette il titolo di “Maestro d’Arte e Mestiere” per il settore della Profumeria Artistica dalla Fondazione Cologni entrando così nel “Libro d’Oro” della sapienza artigianale del nostra patria.
Trascorremmo del tempo in cui il Naso mi trasferì nozioni sulle erbe aromatiche, sulle sue dotte creazioni, mi parlò dei suoi viaggi quali fonte imprescindibile di ricerca, ispirazione e approvvigionamento ed ebbi modo di testare quello che poi divenne una delle mie fragranze preferite di sempre: Teint de Neige, tradotto dal francese ”colore della neve”.
Un componimento assoluto, dell’anno 2000, di grazia e morbidezza; uno Chypre rassicurante che, con le sue delicate note dolci e fiorite mi fece sentire avvolta e protetta, rievocandomi le consolanti fanciullesche carezze materne di cui non sono stata mai paga.
Nel colto repertorio delle sue creazioni, tante fragranze peculiari: Piper Nigrum, Spezie (risalente al 1994), Incensi, quali tributo, per l’appunto, alla Via delle Spezie e alle gommoresine del Levante e per allietare anche le mura domestiche, un fine assortimento di incensi, candele e pot-pourri.
Ammaliante Yerbamate che, appena indossato, mi travolse con l’inconfondibile profumo del fieno reciso e delle erbe scaldate dalla canicola che, con prodezze da grande Profumiere, intrappolò in una delle sue bellissime ampolle esagonali, vessilli di tutta la sua linea di fragranze.
Qualche anno più tardi nella mia ARTESSENZA, mi trafisse il cuore Iperborea, ad oggi il profumo che indosso che, secondo la mitologia ellenica, era il nome della terra situata all’estremità dei confini del globo terrestre conosciuto; ne risulta una narrazione olfattiva, liquida e tersa, di un’isola dell’eterna giovinezza ove spira uno zefiro frizzante di agrumi freschi, fiori bianchi e note appena fruttate.
Fragranza decisamente dissomigliante Kamasurabhi, dal sanscrito “profumo di piacere”, proposta nel 2016, che travolge con raffinata sensualità officiando uno sposalizio ideale tra i fiori più noti e impiegati secondo la profumeria occidentale (tuberosa, ylang-ylang, rosa, gelsomino, narciso e fiori di arancio) e i boccioli più affascinanti celebrati dalla cultura indiana i quali non vengono dettagliati dal Naso che, nella piramide olfattiva, misteriosamente li ascrive in gruppo generico di “fiori esotici”, miscidandoli al legno più nobile per antonomasia, quello di sandalo, e a tocchi di ambra, cuoio e patchouly.
Infine, conclude in ordine temporale il racconto dei prodigi olfattivi di Lorenzo Villoresi, il felice binomio, risalente a un lustro fa, del Cuoio e del Tabacco che irrompe nell’edp Atman Xaman, tradotto dal sanscrito “l’Essenza dello Sciamano”; misteriosa “mise en scène” di sensazioni conturbanti in bilico tra chimera e realtà, ove emergono oniriche sensuali volute di resine contemperate da patchouly, vaniglia, musk e ambra.
Ad maiora, dunque, Maestro!
...segui Alessandra.
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