Il senso del dovere

Ilaria Bertinelli

«Mi sento così felice che ho paura». Nel suo ultimo libro (“Uno chef per Gaia e Nicolò” – Maria Margherita Bulgarini Editore) confessa che quella domenica quasi non credeva a quel quadretto idilliaco.

Interprete e imprenditrice, una vita piena e realizzata, una bella famiglia intorno, e poi quello sgambetto, arrivato senza preavviso.

Ilaria Bertinelli firma un ricettario che è anche un racconto intimo e personale della sua vicenda: la tempesta e la rinascita, tra sconforto, errori e tanta forza di volontà. La figlia Gaia che chiede di andare in bagno troppo spesso, il pensiero che corre a una banale cistite, le analisi suggerite dal pediatra e quella prescrizione senza appello: ricovero immediato “senza passare da casa”. Diabete mellito di tipo 1. A seguire, anche la celiachia. È l’inizio di un percorso che la porterà a studiare, frequentare corsi e sperimentare centinaia di ricette, fino a diventare lei stessa un’insegnante e un RIFERIMENTO NAZIONALE in fatto di cucina per diabetici e celiaci: libri, programmi televisivi, collaborazioni con aziende alimentari, canale Youtube e Instagram, migliaia di follower.

Dire che ha trasformato un problema in opportunità (e in allegria, aggiungiamo noi) è riduttivo. Facciamo chiarezza, cos’è il diabete mellito di tipo 1?

«Detto in parole semplici, è una patologia autoimmune per cui il sistema immunitario non riconosce le cellule beta prodotte dal pancreas e le elimina. Le beta sono quelle che producono insulina, l’ormone che permette di assorbire lo zucchero, causandone sbalzi dei livelli nel sangue».

E la celiachia?

«È sempre una patologia su base autoimmune in cui l’intestino reagisce all’ingestione della proteina glutine, contenuta in molti cereali, creando un malassorbimento degli alimenti».

Si possono sviluppare sia in giovane età che in età avanzata?

«Entrambi si possono sviluppare in momenti diversi della vita: se il diabete di tipo 1 si manifesta entro i quarant’anni, per la celiachia ci sono casi di diagnosi a settantenni».

Si possono prevenire?

«Al momento non c’è modo. Dal 2023 è stato proposto uno screening -e l’Italia è il primo paese al mondo a farlo- per verificare se c’è predisposizione al diabete e alla celiachia, ma permette solo di prestare una maggiore attenzione ai sintomi non di prevenire».

Si guarisce?

«Ad oggi non esiste una cura per il diabete autoimmune: c’è una terapia insulinica gestita con strumenti sempre più raffinati dal punto di vista tecnologico, che migliorano sia il controllo della patologia che la qualità della vita. Per la celiachia l’unica cura è evitare di consumare glutine. In tal modo si ha un ripristino completo della mucosa intestinale che invece, in caso di mancata diagnosi, si appiattisce, spariscono i villi e non si riescono più ad assorbire gli alimenti».

La dieta a basso impatto glicemico fa bene a tutti?

«Sì, perché gli alimenti ad alto indice glicemico, ossia quelli che provocano un aumento molto veloce dello zucchero nel sangue, hanno un impatto sulla salute di tutti. Senza entrare troppo nel dettaglio tecnico, a un’iperglicemia molto spesso segue una ipoglicemia reattiva, ossia si innesca un circolo vizioso di alti e bassi che è deleterio per l’organismo. Il corpo è come se fosse un motore sempre su di giri che rischia l’inefficienza o l’inceppamento».

Esistono metodi per contenere il picco?

«Sì, e dovrebbero far parte delle abitudini di qualunque persona al di là della malattia. Banalmente, l’introduzione di fibra come primo alimento di un pasto, ad esempio una verdura, rallenta l’assorbimento di quello che mangiamo e quindi il picco. Anche la combinazione di alimenti è importante: uno zucchero da solo viene assorbito molto velocemente, se lo mangiamo in combinazione con le fibre oppure con proteine o grassi (che sono più difficili da digerire) il nostro organismo è impegnato nello scinderli e tutto “rallenta”. La pasta ha un impatto molto diverso a seconda di come viene condita: paradossalmente è meglio mangiarla con ragù e verdura piuttosto che in bianco».

Tre cibi che andrebbero evitati?

«Non esistono cibi da demonizzare o benedire assolutamente: ognuno di noi risponde in modo diverso e il vero benessere sta nell’equilibrio e nella varietà alimentare. Oggi non siamo mai sicurissimi dell’origine degli alimenti e non possiamo sapere se un cibo è effettivamente quello che ci aspettiamo. Il pesce, ad esempio, spesso non ne conosciamo la provenienza e il tipo di vita che ha fatto; i mari sono fortemente inquinati e ci potremmo trovare a consumare un alimento che in realtà non ci fa così bene. Variare è una garanzia di tutela del nostro organismo. Poi è chiaro che ci sono categorie come gli zuccheri semplici o i cibi industriali fortemente addizionati che andrebbero se non eliminati almeno molto limitati».

Una dieta senza glutine farebbe bene anche a coloro che non sono celiaci?

«Se non si è intolleranti non è necessario, anche se la moderazione è sempre la strategia migliore. In ogni caso, il glutine è un allergene e ci possono essere momenti nella vita, magari legati a una malattia, in cui può essere utile eliminarlo per evitare di favorire un’infiammazione».

Nel libro si spazia dagli antipasti ai dolci: quali sono state le ricette più difficili da creare dovendo rinunciare a certi ingredienti?

«Sicuramente il pane. Dovendo eliminare di glutine è come costruire una casa senza le strutture di ferro che la legano. Mancando la maglia glutinica il pane diventa la sfida più impegnativa».

Lo zucchero è sostituito da altri dolcificanti o un minimo è ammesso?

«Vorrei chiarire una cosa in merito al diabete di tipo 1: lo zucchero è indispensabile e ci sono dei momenti in cui è l’unico ingrediente da assumere perché la glicemia è scesa troppo: è una questione di mantenere l’equilibrio. Io utilizzo sia lo zucchero che suoi sostituti, ma anche ingredienti che fungono da dolcificanti naturali, come i datteri che hanno il fruttosio e non c’è bisogno di aggiungere altro».

Il vino è ammesso?

«Sì, ma ancora una volta con moderazione. Il vino è naturalmente senza glutine quindi le persone con celiachia non si devono preoccupare di leggere l’etichetta, a differenza di altre bevande che potrebbero contenere tracce di glutine dovute al processo di lavorazione. Per quanto riguarda il diabete bisogna fare attenzione: provoca un aumento della glicemia piuttosto rapido con un successivo calo altrettanto veloce. È consigliabile considerarlo come parte integrante del pasto e quindi meglio evitare di berlo a stomaco vuoto».

Negli ultimi anni la medicina e la tecnologia hanno fatto ulteriori passi avanti su diabete e celiachia…

«La tecnologia ci ha cambiato la vita: nel 2010, quando è stato diagnosticato il diabete a mia figlia Gaia, che aveva sei anni, si doveva pungere le dita anche undici volte al giorno. Dopo un po’ i polpastrelli avevano perduto completamente la sensibilità. Nel 2015 è stato introdotto un dispositivo delle dimensioni di una monetina che viene applicato sul braccio e tramite il cellulare permette un monitoraggio continuo della glicemia: scansiona il valore senza ricorrere al prelievo della gocciolina di sangue. Il passo successivo sono stati gli algoritmi che consentono al dispositivo di prevederne l’andamento nei 30 o addirittura 60 minuti successivi mettendolo in comunicazione con la pompa dell’insulina».

Che cos’è per lei il senso del dovere?

«Permettere ai propri figli di assumersi le proprie responsabilità. Quando viene diagnosticata ai figli una patologia cronica la prima reazione è di sostituirsi a loro, ma io credo che il nostro dovere sia quello di insegnargli a gestire la malattia in modo autonomo il prima possibile, senza nascondere la verità, ma al tempo stesso offrendo strumenti creativi e propositivi. Non sopporto l’autocommiserazione e di fronte alle sfide credo si debbano trovare dei mezzi per affrontarle. Per me il senso del dovere è fare un passo indietro e mettere gli altri nelle condizioni di poter tornare in controllo della propria vita».

Le famiglie che si trovassero a gestire questi problemi a chi si possono rivolgere per avere supporto?

«Prima di tutto ci sono i medici. Poi in Italia abbiamo la fortuna che la solidarietà è molto attiva e le associazioni di volontariato sono disponibili e molto efficienti. Nello specifico, per il diabete autoimmune c’è l’Associazione GIOVANI CON DIABETE , mentre per la celiachia l’ASSOCIAZIONE ITALIANA CELIACHIA».

Gli errori che non rifarebbe se tornasse indietro e qualche consiglio ai genitori per non farli a loro volta?

«Col tempo ho imparato ad accettare gli errori. All’inizio, col diabete in particolare, ci si sente molto fragili e in difetto se la glicemia non è nel range. Ci si accanisce a cercare risposte o capire dove si è sbagliato, ma a volte non ci sono valori spiegabili: tu hai fatto i conti giusti, ma il corpo ha reagito diversamente perché ci sono decine di variabili. L’errore è quello di volere per forza trovare delle risposte che a volte semplicemente non esistono. E poi usare la famiglia come squadra, senza cercare il colpevole».
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Carlo Bocchialini
Giornalista con un breve passato da avvocato, per le riviste del gruppo Rizzoli – Corriere della Sera, ha realizzato servizi e reportage in Italia e nel mondo per poi approdare a Parigi come corrispondente durante la presidenza Sarkozy. Ha collaborato anche con vari periodici e quotidiani nazionali. È stato professore a contratto di “Linguaggio del giornalismo” all’Università di Parma e si è diplomato in Terrorismo Internazionale all’Università di St. Andrews in Scozia. Appassionato di arti marziali da più di trent’anni, insegna Krav Maga, disciplina israeliana di difesa personale, di cui è cintura nera 2° dan e istruttore federale. (La foto è merito di Gio’ Rossi.)

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