Mille et un flacons

Il nobile e placido ulivo

Qualche tempo fa, durante il fine settimana, sono stata a passeggiare lungo il litorale di Levante e poi più in alto, sulle zone collinari densamente abbigliate da alberi di ulivo del golfo del Tigullio, ove ho scoperto una piccola azienda agricola e acquistato un olio da tavola buono e profumato assieme ad altri prodotti che ho portato a Milano con me.
Al mio arrivo al podere si è svolta una degustazione, condotta con appassionata dimestichezza dal patron Benedetto, ove subitaneamente al naso mi hanno stuzzicata le note verdi di erba appena tagliata e delicate di foglia di carciofo effuse dall’olio di taggiasche connotate da una bassissima acidità che, sorbite da un bicchierino, si sono trasformate in sentori di frutta secca richiamanti al palato la dolcezza della mandorla e dell’immancabile pinolo di queste irretenti terre liguri.
L’ulivo è stato coltivato con meticolosa cura e abnegazione in questa regione per millenni e ha giocato un ruolo nodale sia per i fortunati residenti di questi luoghi ameni sia per i forestieri, non solo come fonte di olio e di nutrimento, ma anche come simbolo di pace, di prosperità e di spiritualità. Mi è stato detto che qui furono i monaci benedettini a perfezionare, attraverso selezioni via via più minuziose, l’albero dell’ulivo, creando il “cultivar” Taggiasca (dal nome della cittadina Taggia sita in provincia di Imperia).
Dal 1600 in poi il commercio di olio divenne una delle risorse economiche precipue e da quel tempo influì indirettamente sulla distribuzione del paesaggio agreste, trasformando gli impervi e tortuosi pendii in terrazzamenti – detti “fasce – più pianeggianti e agevoli alla coltivazione.
Oltre a qualche anfora di olio dop, paté di olive e liquore alla foglia di ulivo – di cui volutamente tralascio sdilinquenti commenti che altrimenti seguirebbero – ho acquistato delle saponette lievemente aromatizzate ai fiori di zagara e di lavanda che mi hanno donato mani levigate e perfettamente idratate grazie alle proprietà emollienti delle drupe di questa gloriosa pianta.
Ho cercato tra i cassetti della memoria e mi sono ricordata che qualche anno fa Laura Tonatto, valente Naso che dal 1986 crea fragranze sofisticate anche “su misura”, ha dedicato a questo nobile albero il profumo “Shalom”– che in ebraico significa Pace – ispirandosi all’episodio della Genesi in cui Noè, allorché le acque avevano alluvionato la terra e si erano finalmente ritirate, fece uscire in perlustrazione una colomba che ritornò portando nel suo becco un ramoscello d’ulivo quale segno della compiuta riconciliazione di Dio con gli uomini.
Laura Tonatto intrappolò quindi in ampolla il sentore di questi ramoscelli, per antonomasia forieri di pace e di fecondità, assieme a volute di incenso, mirra e rosa damascena.
Un altro tributo alla pianta nella Profumeria Artistica nazionale è raffigurato da “Legno d’Ulivo”, una eau de parfum adatta a un pubblico trasversale e appassionato di effluvi boisé, facente parte della collezione Salentum I Profumi, che ha l’intento di cogliere ed effondere i sentori di una terra dal cuore forte, per l’appunto il Salento, attraverso l’impiego di materie autoctone selezionate.
Risale al 2009 il lancio della fragranza Fiore d’Ulivo della casa di profumeria artistica di lusso Xerjoff, concepita da Sergio Momo e Andrea Tessitore e creata dal raffinato Naso Angeline Poubeau Leporini; qui questo profumo, dal timbro agrumato-aromatico “da signora”, viene reso ancor più aggraziato dalle infiorescenze succitate della pianta, visivamente simili a dei grappoli nivei, e miscidate a gelsomino sambac e magnolia.
Sempre in ambito italico, un’altra interessante linea di nicchia, Acqua delle Langhe”, che affonda le radici nel Piemonte e impiega correttamente le sue peculiari risorse del territorio come le infiorescenze della pianta nella fragranza “Alba Pompeia”.

Interessante notare come, infine, anche nella Profumeria d’oltralpe, in “Seville a l’Aube” de L’Artisan Parfumeur, nel 2012 il naso Bertrand Duchaufour ha utilizzato le mignole di ulivo fondendole ai fiori di arancio e lavanda, intiepidendole con un tocco di olibano e benzoino.
...segui Alessandra.

Lisa Martignetti

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Alessandra Vittoria Pegrassi
Andrea G. Pinketts (noto scrittore noir Milanese mio amico di cuore, mio braccio destro e alle volte pure sinistro) aveva già inquadrato ed incoraggiato il mio senso del gusto, o meglio del buon gusto, quando quindicenne andavo a comprarmi da un droghiere del quadrilatero, facendomi fuori la paghetta mensile, aulentissimi bonbons alla violetta, meringhette all’anice e collutori ai petali di rosa. Questa precoce ma solida ricerca del buono anche sinesteticamente parlando mi ha poi condotta a Parigi ove un profumiere stregone mi ha insegnato pian pianino e svelato poi i prodigi della composizione dei bouquet e delle sue note...

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