Chi sei?
Filippo: Sono una persona semplice ma che ha avuto il grande vantaggio di essere portato, fin da piccolo, da mio padre con Overland in giro per il mondo; al posto di andare in Sardegna o a Forte dei Marmi come i miei amici mi portava in Tibet in qualche monastero a bere il latte di Yak con il tè che faceva davvero vomitare. Ho il grande vantaggio di avere avuto dei genitori così e, oggi, riesco ad adattarmi a qualsiasi situazione. Con qualsiasi persona che ho davanti, dal ribelle congolese al talebano in Afganistan me la cavo sempre bene. Faccio I VIAGGI CHE HA INVENTATO MIO PADRE con OVERLAND che ormai da oltre 12 anni seguo io.
Overland è una serie televisiva di viaggi e avventura che va avanti dal 1995 su Rai Uno (i famosi quattro camion arancioni che giravano il mondo). Ora il focus è passato dai veicoli alle persone che intraprendono il viaggio così possiamo raccontare le nostre emozioni e cosa vediamo veramente. Tutti gli anni facciamo una spedizione. Non sono viaggi easy e comodi: spaziamo il mondo intero.
Beppe: Nasco come prodotto dell’oratorio; volevo fare i viaggi che organizzava la parrocchia ma loro dividevano i ragazzi dalle ragazze e a me non andava bene. Così sono passato al Club Alpino Italiano dove sono poi diventato segretario di una sezione. Così nel 1967 dopo aver fatto l’impresario edile, senza molte soddisfazioni, ho incominciato a proporre viaggi alternativi ai soci del Club Alpino; anziché sul Monte Bianco ho detto andiamo sul Kilimangiaro. Da lì sono passato a proporre loro viaggi a piedi tra ii i più impensabili: dal Kilimangiaro, dove sono stato 20 volte portando 1246 persone in vetta, al Messico, all’ India sull’Himalaya. Siccome dovevo guadagnarmi la pagnotta mi sono messo in proprio e ho aperto un’agenzia viaggi che proponeva questo tipo di avventure. Un partner importante come Lufthansa ha capito che avevo un’idea che non esisteva e ha creduto in me. L’importante era vedere sì il territorio ma conoscere la gente. Nel 1982 poi ho fatto la controfigura di Marco Polo nel film di Giuliano Montaldo e ho preparato i servizi in Himalaya per le riprese della Rai trovando luoghi straordinari dove girare il film. Mi sono così entusiasmato che quando sono tornato ho cercato qualcuno che mi desse dei mezzi per rifare la strada di Marco Polo e arrivare a Pechino. Sono partito con 3 Fiat Panda e un furgone di supporto e così è nata la storia.
La tua più grande passione?
F.: La mia più grande passione è il viaggio, però il viaggio fatto in un certo modo. Adoro scoprire persone e culture diverse dalla nostra vivendo come loro, con loro, per capire meglio la loro situazione. E poi adoro i paesaggi e gli animali.
B: La mia passione è la conoscenza; il viaggio è un mezzo per conoscere le persone. Voglio vivere come le persone che vado a incontrare e il viaggio che più mi ha fatto entrare in questa mia idea è stato quello degli Inuit. Ho accumulato un tale spessore di ricordi di vita vissuta che potrei parlare per ore…
La tua più grande paura?
F.: Non ho molte paure. Il mio livello di rischio è sicuramente diverso da una persona comune. Ho paura però per le persone che sono con me durante la mia spedizione. Cerco di avere la mente lucida, essere sempre razionale, capire il contesto e reagire sempre in base a un pensiero logico. Ho il vantaggio di riuscire a restare calmo. Sempre.
B.: Una paura c’è stata e ho capito che certe cose che fanno gli uomini non vanno proprio bene. Ero in Yemen su un camion (eravamo un convoglio di quattro camion e io ero nell’ultimo) e ad un certo punto a 30 metri da noi vediamo tre persone che saltano giù da una roccia con i kalashnikov in pugno; abbiamo rallentato e poi siamo fuggiti e ci hanno sparato dietro colpendo il camion. Sentire il rumore dei proiettili mi ha dato fastidio e ho capito quanto la cattiveria umana possa essere nefasta. Ne abbiamo le prove anche oggi.
Il colore preferito?
F.: Il blu, sicuramente, ma anche l’arancione di Overland.
B.: Il blu.
In che epoca viviamo?
F.: Viviamo in un’epoca diversa da quella vissuta da mio padre. Ho visto i luoghi nel mondo cambiare in peggio, purtroppo. È un’epoca di globalizzazione in cui tutto deve essere accessibile, facile e connesso. Un’epoca che a me piace meno. Era più viva quella precedente. Ora è tutto più appiattito.
B.: Viviamo in un’epoca in continua evoluzione; noi siamo un’avanguardia del mondo rispetto a quello che ho visto girando, e io ho girato parecchio.
Cosa c’è nel tuo bicchiere?
F.: A me piace un sacco il vino rosso. Inizio però sempre tutti i pasti con un Prosecco perché mia madre è veneta.
B.: Un bicchiere di vino al mese lo bevo ma normalmente apro il rubinetto dell’acqua calda (mai quella fredda) e bevo un bicchiere di acqua bollente così mi passa la sete. È un motivo fisiologico perché se butti nello stomaco dell’acqua fredda lo stomaco attira calore dall’esterno per riscaldarla e quindi sentiamo caldo se invece beviamo l’acqua calda il corpo butta fuori calore e sentiamo fresco.
Il pasto prima del patibolo?
F.: Canederli e spatzles della mamma.
B.: Se avessi la possibilità sceglierei una polenta concia o una polenta e spezzatino. Ma il risotto allo zafferano (quello afgano, però) resta il mio piatto preferito.
Sei stato o sei fumatore?
F.: No. E ho preso da mio padre l’astio verso il fumo.
B.: No per carità.
Il libro sul comodino?
F.: “IL GRANDE GIOCO” di Peter Hopkirk. È uno dei libri che mi sono piaciuti di più. Parla della guerra fredda che influisce tutt’ora sugli equilibri del centro Asia. Era una guerra tra la Russia e la Compagnia delle Indie inglese. È una storia vera, e ha avuto il merito di svelare un periodo storico di cui nessuno ne parla.
G.: Mi onoro di aver letto tutti i libri di Fosco Maraini, che sono una meraviglia. Negli ultimi quindici anni ho letto i libri di Colin Thubron come “OMBRE SULLA VIA DELLA SETA”. In Italia manca la cultura dei libri di viaggi.
Cosa accadrà domani?
F.: Viviamo in un periodo storico complicato. Mi auguro che finisca presto la pandemia ma la paura per nuovi virus continuerà a esserci; non credo che tutte le frontiere apriranno a breve e anche nella mente delle persone ci vorrà tempo perché torni la leggerezza di viaggiare. Ci sarà sì la voglia di viaggiare ma solo verso posti in cui ci sentiremo sicuri. Per molto tempo la gente continuerà ad essere traumatizzata da quanto accaduto. Mi auguro che presto con la nostra agenzia di viaggi potremo ricominciare a portare la gente nei posti meravigliosi dove andavamo prima, che sia il Kilimangiaro, l’Antartide o altro.
Mi auguro che la globalizzazione di cui abbiamo parlato prima cambi verso una ricerca dei valori identitari di ciascuna cultura, per farci tornare a essere diversi ma interessanti, invece che tutti uguali, come adesso. Quel che è certo è che Overland non si ferma mai: non so ancora dove perché dipende dalla aperture delle frontiere ma tornerà anche quest’anno.
B.: È difficile da dire. L’essenziale è che qualche imbecille non si metta in mente di fare la guerra (l’intervista è stata registrata a fine gennaio n.d.r.); mi preoccupa la situazione in Russia e spero che l’America non soffi troppo sul fuoco. Purtroppo, le industrie che fanno armi non hanno magazzini abbastanza grandi per contenerle e in qualche modo devono smaltirle. Io abolirei le armi. È una vergogna.
Dal canto nostro nel 2022 è pronto un progetto verso l’Arabia Saudita e la Siria. Anche in Siberia c’è ancora molto da scoprire. Nel 1995 sono partito da Roma per New York via terra con quattro camion attraversando l’Europa, la Russia, la Siberia, la Jacuzia, la Cukotka, Bering, l’Alaska e il Canada. Non c’è ancora nessuno che ha fatto quello che ho fatto io.
Per ora non si può fare nulla ma appena riaprono tutte le frontiere noi siamo pronti per partire. Overland non si ferma mai.
...segui Filippo Tenti
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