Il senso del dovere

Emilia Bruna Scarcella

Ispettrice generale delle Crocerossine italiane

Per questa intervista abbiamo aspettato nove mesi. Sembra un dettaglio, ma rivela molto. È vero, non abbiamo fatto troppe pressioni perché il periodo è stato pesante e ci rendevamo conto che “l’emergenza che ha sconvolto il pianeta” aveva comunque la precedenza. La chiama proprio così Sorella Emilia Bruna Scarcella, incolpevole protagonista del ritardo, dal 2019 Ispettrice Nazionale delle CORPO DELLE INFERMIERE VOLONTARIE DELLA CROCE ROSSA ITALIANA, più note come Crocerossine.

Un reparto che in emergenza ci vive dal 1908, anno della fondazione, da allora sono corse ovunque ci fosse da portare aiuto e conforto: dai teatri di guerra alle crisi umanitarie, in Italia e all’estero.

Sempre animate da Neutralità, Imparzialità, Volontarietà e dagli altri principi fondanti (sette in tutto) del Movimento Internazionale di Croce Rossa. Due guerre mondiali, il terremoto di Messina, Belice, Friuli, L’Aquila, Irpinia; l’alluvione del Polesine, quella di Firenze o il disastro del Vajont. Nomi pescati a caso da un elenco che sarebbe lunghissimo. Come le missioni all’estero: Corea, Libano, Haiti, Somalia, Kosovo, Afghanistan, Iraq o Libia sono solo alcune di quelle cui hanno preso parte. Scegliete un’emergenza e vedrete le loro divise bianche con la croce rossa sul petto.
Siamo le persone che abbiamo aiutato” era lo slogan di una vecchia campagna di reclutamento e in 114 anni ne hanno aiutate tante, sulle navi o nei treni allestiti ad ospedali, nei campi di concentramento in Germania o nelle carceri italiane. Hanno curato malati e anziani, vittime di traumi, guerre e calamità. Alcune anche al prezzo della vita, come Margherita Kaiser Parodi, morta a 21 anni di Spagnola nel 1918 (unica donna sepolta nel Sacrario Militare di Redipuglia) o Maria Cristina Luinetti durante l’operazione militare “Albatros” in Somalia.

“Sorella” genera spesso confusione in coloro che non vi conoscono: c’è un’ispirazione religiosa?

«Assolutamente no, il termine prende la declinazione di “sorellanza”, di essere vicini a chi soffre e ha bisogno. Nel nostro motto “Ama Conforta Lavora Salva”, scritto idealmente nelle quattro braccia della croce rossa che portiamo sulla divisa, c’è l’idea di donare di offrire come un fratello o, nel nostro caso che siamo tutte donne, una sorella».

Come si diventa Infermiera Volontaria?

«Prima bisogna associarsi alla Croce Rossa, con una quota simbolica di dieci euro, e frequentare il corso base, poi, chi lo desidera, ma solo le donne perché il Corpo è femminile dalla sua fondazione, può fare domanda di ammissione al corso che dura duemila ore, spalmate in due anni. Siamo tutti parte della grande famiglia di Croce Rossa, ma siamo presenti nelle ventun regioni e abbiamo 165 ispettorati distribuiti sul territorio nazionale dove è presente una sede di CRI. In più, noi siamo anche un Corpo Ausiliario delle Forze Armate italiane».

Quindi l’avvocato Francesco Rocca, è anche vostro presidente?

«Esatto, e aggiungo, con un pizzico di orgoglio nazionale, che è appena stato nominato per il secondo mandato al vertice della Federazione Internazionale di Croce Rossa».

C’è un minimo di tempo che dovete garantire?

«No, donare è soggettivo e fa parte anche del momento della propria vita, c’è massima libertà da parte della singola persona. Ma è anche giusto sottolineare che di fronte a eventi di particolare gravità ci sono Sorelle che consumano le ferie del loro lavoro pur di essere presenti e dare un contributo».

Il corso sarebbe obbligatorio anche per un’infermiera o una dottoressa diciamo “civili” che volessero entrare nel Corpo?

«Si, ma sono molto avvantaggiate e, a seconda delle specializzazioni, dovrebbero solo colmare alcune competenze e conoscere le nostre procedure operative. Entrando nel Corpo, però, si diventa tutte Sorelle, senza titoli accademici o nobiliari, come la nostra prima Ispettrice Nazionale, la regina Elena d’Aosta».

Invece il vostro diploma di infermiera è spendibile anche in sede civile? Ossia una Sorella potrebbe lasciare il Corpo ed essere assunta in un ospedale?

«Assolutamente no, questo lo chiariamo molto bene alle nostre aspiranti. La laurea in Scienze infermieristiche prevede tre anni di studio e un monte ore ben superiore alle nostre duemila». 

Quante siete in Italia in totale?

«Poco più di 12.000, ma non tutte nel ruolo attivo, che significa garantire un minimo di presenza nell’anno. Come dicevamo prima, ci possono essere momenti della vita in cui non si riesce a dedicare tempo, ma si resta comunque socie. Devo dire con grande orgoglio che in pandemia c’è stata una grande disponibilità e il numero delle Sorelle attive è aumentato notevolmente».

Ci sono limiti di età per entrare nel Corpo?

«Minimo 18 anni e, per essere ammesse al corso, massimo 55. Poi si può restare anche in età avanzata: se non te la senti più di andare “in prima linea” puoi fare altre attività. Durante la pandemia molte Sorelle hanno svolto un lavoro meraviglioso preparando i kit per i volontari che andavano sulle ambulanze: mascherine, guanti e tutto il necessario».

Come si finanzia il Corpo delle Infermiere Volontarie?

«Come dicevo prima, facciamo parte della grande famiglia Croce Rossa Italiana ed è lei che gestisce tutte le donazioni e le quote associative. Come Crocerossine raccogliamo fondi con attività varie, ma non abbiamo un Iban autonomo. In più, in quanto Ausiliare delle Forze Armate, abbiamo un “contributo” del ministero delle Difesa, dettagliato al centesimo».

Quando ha deciso di entrare in Croce Rossa e cosa l’ha spinta?

«Circa 33 anni fa. Credo si nasca con un desiderio di essere di aiuto a qualcuno e forse, essendo figlia di un ufficiale, ho iniziato a guardare alle Infermiere Volontarie pensando che sarebbe stato bello appartenere al Corpo. Certo non immaginavo sarei diventata Ispettrice Nazionale…»

Ha anche un lavoro extra Crocerossina?

«Sono architetto paesaggista e con mio marito abbiamo un’azienda florovivaista. In modi diversi tutti in famiglia ci dedichiamo alla Croce Rossa, compreso mio figlio di 22 anni che è un volontario dall’età di 14. I miei si meritano un enorme grazie perché il loro sostegno mi ha permesso di dedicarmi a questa attività, sottraendo molto tempo a loro».

Nel suo mandato si è fissata come imperativo “ordine e armonia” poi è arrivata la pandemia e adesso la guerra: quali obiettivi ha raggiunto e quali ha dovuto modificare?

«Il Covid ha sconvolto il mondo e la maniera di fare volontariato ed emergenza. Abbiamo dovuto rimodulare tutto il nostro lavoro, giorni e notti frenetiche: mi permetta di lodare ancora le mie Sorelle che nel primo anno e mezzo solo per la pandemia hanno donato 40 mila ore di volontariato».

Poi la guerra in Ucraina…

«Siamo andate con cibo, medicine e tutto ciò che poteva servire. I nostri colleghi ucraini -mi piace raccontare questo particolare- ci hanno ringraziato perché la Croce Rossa Italiana è l’unica che ha portato anche cibo per gli animali: molte persone non volevano abbandonarli, abbiamo foto bellissime di persone in carrozzina con il gatto o il cane in braccio».

Seguite anche molte famiglie indigenti: dal suo osservatorio c’è un aumento della povertà in Italia?

«Purtroppo sì, noi aiutiamo, come si suol dire, col cuore e con le braccia: in pandemia, ma ancora adesso, abbiamo fatto centinaia di pacchi spesa, abbiamo portato farmaci e buoni pasto».

Lei ha lavorato anche molto nelle carceri…

«Svolgiamo attività di sostegno ai detenuti. Io personalmente sono stata per anni a San Vittore, ma non con attività infermieristica, è un aiuto, a volte solo con qualche parola di conforto».

Avete anche psicologhe o altre specializzazioni tra le vostre Sorelle?

«Si, ne abbiamo diverse che, al bisogno, possiamo utilizzare. Io, per esempio, sono stata richiesta come architetto durante il terremoto in Umbria e Marche: bisognava disegnare la planimetria dei container che sarebbero diventati le case degli sfollati in modo che fossero esposti il massimo del tempo al sole: ero partita con un’altra idea, ma in quel momento era quello di cui c’era bisogno e l’ho fatto».

In quanto Ausiliarie delle Forze Armate avete gradi militari, ma solo di funzione: lei oggi è un Generale di Brigata, cosa succederà alla fine del suo mandato?

«Tornerò alla stelletta che ci viene data alla fine del corso, insieme alla croce che portiamo sul petto».

La più grande soddisfazione che le ha dato questa attività?

«Tutto, dal servizio nelle carceri di cui parlavamo prima alle missioni estere. Un anno fa abbiamo accolto bambini afghani li abbiamo tamponati e vaccinati: povera gente che una settimana prima avevamo visto cadere dagli aerei cui si erano aggrappati per fuggire dal loro Paese. Durante la pandemia avevo detto alle mie Sorelle che l’unico linguaggio in quel momento era lo sguardo: dovevamo tenerlo il più possibile sorridente e gioioso. “Il tempo della gentilezza” è diventato il nome della benemerenza che il nostro Presidente ha concesso ai volontari che hanno prestato servizio per il Covid.

Cos’è per lei il senso del dovere e come si insegna?

«Per me non si insegna, devi averlo dentro. Il senso del dovere è tutto, a 360 gradi: dall’uniforme in ordine al mettere da parte la tua vita privata, anche in momenti drammatici, come purtroppo mi è capitato. Lo devono fare un padre, una madre, un comandante o un presidente. Il senso del dovere è l’esempio, ma deve venire spontaneo, non può essere una forzatura. In questo senso la Croce Rossa ha anche un “Codice etico” che devono sottoscrivere tutti i volontari e noi Crocerossine in aggiunta abbiamo il nostro Regolamento del 1910 che è stato aggiornato nel 2010».

Qualche rimpianto cose che non ha fatto, che avrebbe voluto fare o che vorrebbe cambiare?

«Diciamo che “quello che non ho fatto” lo declino in quello che “non ho ancora fatto” perché, come ho detto prima, a marzo 2020 abbiamo dovuto cambiare completamente registro e programmi, ma sto riprendendo le fila. Il resto sono piccole cose: amo andare al cinema, ma l’ho dovuto accantonare; mi piace cucinare e nei pochi spazi liberi mi dedico a quello, aiuta a smaltire le tensioni…»

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Carlo Bocchialini
Giornalista con un breve passato da avvocato, per le riviste del gruppo Rizzoli – Corriere della Sera, ha realizzato servizi e reportage in Italia e nel mondo per poi approdare a Parigi come corrispondente durante la presidenza Sarkozy. Ha collaborato anche con vari periodici e quotidiani nazionali. È stato professore a contratto di “Linguaggio del giornalismo” all’Università di Parma e si è diplomato in Terrorismo Internazionale all’Università di St. Andrews in Scozia. Appassionato di arti marziali da più di trent’anni, insegna Krav Maga, disciplina israeliana di difesa personale, di cui è cintura nera 2° dan e istruttore federale. (La foto è merito di Gio’ Rossi.)

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