Utopia del bicchiere della staffa

Bicchiere della staffa: cercasi

Non me lo ricordo più!

La rubrica “Utopia del bicchiere della staffa” nasce allo scopo di indagare le varie sfaccettature che possono girare intorno al bicchiere della staffa, e a ragion veduta, all’utopistico raggiungimento del suddetto bicchiere. Il bicchiere della staffa può rappresentare una forma di autolesionismo, può essere utilizzato come conciliante per il sonno, o per trovare il coraggio di corteggiare o dichiararsi, o anche utilizzandolo come fuga da una realtà che non appaga, fino a tutta una serie di nomi illustri che hanno visto nel nightcup il consumarsi della propria esistenza trovando spesso la morte.
Da questo Dicembre, invece, l’utopia non sta tanto nell’ultimo bicchiere, quanto nel primo. Lavorando nel settore della ristorazione mi sto rendendo conto dell’effetto dell’inasprimento delle sanzioni per guida in stato di ebrezza o sotto sostanze stupefacenti sul consumo di alcolici. Nello specifico sto vedendo clienti che vorrebbero degustare un bicchiere ma sono in automobile, o che vorrebbero concludere il pasto con un digestivo ma loro malgrado evitano, colleghi che non assaggiano i nuovi vini in mescita per paura di perdere il loro diritto di andare al lavoro con la propria auto e tutta una serie di ansiogene concatenazioni, che postcovid, non so davvero in cosa sfoceranno. Lungi da me dare giudizi su una legislazione preesistente, o peggio ancora fare l’apologia del bere dissennato. Mi trovo solo a chiedere che conseguenze avrà nel breve e lungo periodo tutto questo. In una città come Roma, la cui estensione territoriale è importante, i mezzi pubblici hanno parecchie lacune, e molti si affidano al mezzo privato per spostarsi. Chi va a cena fuori e vuole godersi una bottiglia di vino deve necessariamente organizzare il ritorno a casa con un taxi. Questo comporta che dei 50 euro circa previsti per la cena bisogna aggiungerne almeno 25 per un taxi o uber. Certo, chi non ha problemi di budget non ci fa neanche caso, ma la fascia media patisce. Allora magari invece di andare a cena fuori un paio di volte si andrà una, invece di prendere una bottiglia più costosa si sceglierà un vino più economico, oppure si cenerà di più a casa?
Per il momento a spassarsela a tavola nel nostro bel paese sono i turisti, spesso hanno l’albergo vicino, e si godono la cucina italiana a 360 gradi. Anche il momento aperitivo mi sembra più fiacco, magari è una prima reazione, e si sta ancora cercando il modo migliore per organizzarsi. Mi è capitato di avere conversazioni al riguardo con qualche cliente: in particolare un ex ammiraglio della Marina in pensione mi ha candidamente confessato: « sa io normalmente bevo tre calici a pranzo, ma adesso mi devo fermare a due, questa privazione mi limita il piacere dello stare a tavola». Sicuramente non tutti avranno il fisico allenato dell’ammiraglio o di un alpino ed alcuni gioveranno invece di una riduzione di alcol nella propria dieta.
Non vi nascondo però una certa preoccupazione e per il mio specifico lavoro di mescitrice al servizio del Dio Bacco e per l’umana trascendenza che si scaldava ad ogni sorso e che era rimasta piuttosto scossa dal periodo di pandemia. Essendo vino e cibo un connubio che nella nostra cultura è indissolubile, inizio a provare una certa tristezza nel vedere i clienti che si limitano loro malgrado. Noto un velo di malinconia nei loro occhi, quando non lo esprimono direttamente con le parole.
L’alcol fa male, si sa, lo abbiamo detto e lo ribadiamo, ma anche una vita di privazioni non è certo edificante per lo spirito. Altri nutrono la mia stessa apprensione: il presidente della Gowine, Massimo Corrado, ha rilasciato un’intervista a Italia a tavola dove esprime le sue perplessità riguardo l’inasprimento delle sanzioni e chiede una protesta organizzata per la modifica o revisione di alcuni punti della normativa.
Sono soprattutto impensierita, poiché dopo il covid, noto un generale cambiamento, per meglio dire peggioramento, nelle persone e nelle relazioni che instaurano e nello stare a tavola. Un disinvolto lasciarsi andare come se si fosse a casa propria, quando in realtà si è al ristorante, con tutto quello che comporta. Temo quindi che questa ulteriore costrizione arrivi troppo presto dal periodo di lockdown non del tutto digerito. Inoltre il ricarico sul vino è introito importante per un’attività ristorativa, e mi auguro che la scelta di non bere un calice non favorisca invece il consumo di bevande zuccherine che non sono legate ad un territorio e al sapere umano che lo ha plasmato. Spero che la mia preoccupazione sia un inutile allarmismo, che non porti conseguenze serie su tutto il reparto vitivinicolo e ristorativo.

Ciao, Giampaolo

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Alessia Cattarin
Dicono di me: ironica e auto-ironica, granitica sulle posizioni lavorative e personali, ma malleabile se necessario. Socievole. Pessimista cosmica, ma in grado di illuminarsi davanti ad una bollicina. Senza mezzi termini, la diplomazia sembra proprio non riguardarmi. Capace, tenace e professionale, in uno strano modo persino paziente. I complimenti per ultimi: qualcuno ama definirmi Puntigliosa! Di me penso: sono un’irrimediabile sognatrice, una metallara, una fenice, un avvocato delle cause perse, una che non tollera sopraffazioni e ingiustizie. Cinica, per sopravvivere in un mondo concepito con sadismo.

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