Mille et un flacons

Il profumo commestibile

Come abbiamo GIÀ DISSERTATO, prima ancora della vista e del gusto, è l’olfatto, senso più ancestrale di tutti i nostri cinque specifici, a suggerirci per primo se una pietanza sia succulenta o meno; questo senso, intuitivo e magico, ci seduce e ci dissuade da sempre: pensiamo ai nostri antenati che erano soliti annusare un cibo per capire se fosse commestibile evitando anche probabili venefici.
Quando annusiamo ad esempio una vivanda, le sue particelle odorose raggiungono direttamente la nostra cavità nasale trasmettendo un segnale a una zona specifica del nostro encefalo, tramite il nervo olfattivo. Il contatto tra odorato e cervello quindi ci spiega quanto un semplice odore può emozionarci e travolgerci subitaneamente, attrarci o disgustarci, rimanendoci impresso più di ogni altra cosa.
In base a innumerevoli sondaggi, una delle fragranze più apprezzate è senz’altro quella del caramello ma, in generale, la vera responsabile di un odore a noi gradito, in un piatto, è l’alta temperatura, tramite la quale vengono dilatati sapori e aromi gradevoli. Non dimentichiamo che secondo una recente ricerca, il profumo in assoluto più amato è quello della prima colazione, di burrosi e fragranti croissant che ci attendono in tavola al nostro risveglio, del caffè appena tostato e fumante che sale borbottando – forse perché anch’esso assonnato e ancora desideroso di riposo – nella moka, riempiendoci la cucina e il cuore di felicità olfattive.
Emozioni pure che ci portano indietro nel tempo, risvegliandoci ricordi e sentimenti assopiti; sentori che ci inteneriscono, accompagnandoci à rébours ai tempi dolci e molli dell’infanzia.
Sdilinquente altresì il profumo delle carni alla griglia, del pollo arrosto dalla pelle croccante e dorata che si crogiola nel forno e allieta da sempre i nostri pranzetti domenicali.
Il legame tra profumo e cibo è talmente avviluppante che molti profumieri di nicchia si ispirano oramai da un ventennio al mondo del food; goloso allo spasimo, il Loukoum di KEIKO MECHERI, delicato connubio di petali di rosa canditi, mandorla bianca, vaniglia del Madagascar e note ambrate, ispirato per l’appunto a questo delizioso dolcetto vanigliato diffuso dalla Penisola balcanica al Medio oriente, che venne creato nel 1998 dall’eclettico Naso giapponese Keiko aprendo la strada a un nuovo ciclo Gourmand e imitatissimo nel panorama della profumeria artistica.
Sentori talmente totalizzanti che EMANUELE BALESTRA, nativo di Gallarate e uno dei più grandi mixologist e alchimisti al mondo, responsabile dei bar dell’HOTEL MAJESTIC BARRIÈRE A CANNES, ha trasformato parte di questo albergo stellato in un brolo-giardino, ove attinge svariate botaniche coltivate da lui stesso, per creare un profumo edibile che possa essere assaporato in un Cocktail. Nonostante le iniziali riluttanze da parte dei tecnici del settore, la prestigiosa Maison ROBERTET di Grasse, leader mondiale nei profumi e negli aromi naturali, lo ha seguito nella lungimirante impresa di adoperare le più estrose note olfattive atte al compimento del suo mirabile sogno.
Per la creazione di queste fragranze, Balestra ha implementato la antica passione per il giardinaggio, alleva api sul tetto dell’hotel che gli regalano un miele millefiori unico al mondo, con il quale ha allestito una carta ricca di Drink sorprendenti, avvantaggiandosi anche dell’impiego di macchinari sofisticati, come quello per ricavare molecole dalle piante con gli ultrasuoni, ottenendo estratti di altissima qualità.
Tra i suoi Cocktail signature, straordinario e super aromatico La Vie est Belle, a base di Mezcal Bruxo, Bitter con estratto di geranio rosa di Marrakesh e Ginger Ale; sorprendentemente romantico, il Cocktail Lavandou, preparato con 30 & 40 Double Jus, Bitter mescidato con lavanda del brolo e ginger ale ed infine il raffinato La Grand Dame, allestito con Gin Star of Bombay, Champagne, Bitter e verbena dell’orto; nel 2023, il Gin 44 Paradiso, anch’esso creato espressamente da botaniche dell’area di Grasse: mimosa, rosa centifolia, neroli e foglie di arancia amara e miele, al quale viene aggiunta qualche goccia di liquore alla verbena.
Ogni Cocktail viene asperso su un nastro avvolto intorno al prezioso gambo di una flûte asimmetrica, dal taglio diagonale, che Emanuele Balestra ha disegnato e fatto realizzare dalla Verrerie de Biot di cristallo convesso, per creare una camera olfattiva ad hoc, affinché l’amplificazione delle note olfattive risultino ancora più nitide, o applicato direttamente sull’epidermide della mano del fortunato cliente.
Ne risulta quindi un profumo multi sfaccettato e una sperimentazione a più livelli sinestetici, che indirizzano il suo godimento in primis dal naso, poi al palato ed infine alla gola, sorbendo i Cocktail dalla parte alta del bicchiere, dando così al liquido il giusto tempo per giungere, profumato, alle labbra.
...segui Alessandra.

Beetlejuice Beetlejuice di Tim Burton

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Alessandra Vittoria Pegrassi
Andrea G. Pinketts (noto scrittore noir Milanese mio amico di cuore, mio braccio destro e alle volte pure sinistro) aveva già inquadrato ed incoraggiato il mio senso del gusto, o meglio del buon gusto, quando quindicenne andavo a comprarmi da un droghiere del quadrilatero, facendomi fuori la paghetta mensile, aulentissimi bonbons alla violetta, meringhette all’anice e collutori ai petali di rosa. Questa precoce ma solida ricerca del buono anche sinesteticamente parlando mi ha poi condotta a Parigi ove un profumiere stregone mi ha insegnato pian pianino e svelato poi i prodigi della composizione dei bouquet e delle sue note...

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