Vigile del fuoco come missione
Una costante, in ogni emergenza. Nel pubblico soccorso hanno un campo di azione senza eguali. Il vigile del fuoco spazia – perdonerete l’elenco, ma glielo dobbiamo – dagli incendi ai crolli, dalla protezione civile a incidenti stradali, ferroviari o aerei, frane, alluvioni, terremoti o pubbliche calamità. Ancora: rischi nucleari, biologici, chimici e batteriologici. Ricerca, soccorso e salvataggio, dal mare alla montagna. Tagliano lamiere per estrarre persone intrappolate in un’auto o recuperano feriti in luoghi inaccessibili. Hanno specializzazioni che vanno dalla subacquea agli incendi aeroportuali, dall’elisoccorso alla guida dei droni. Quando non intervengono su un pericolo reale sono in addestramento, al servizio di tutti noi che, ogni tanto, diamo per scontato la preziosità del loro lavoro e i sacrifici che comporta.
Alla guida del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Parma c’è Annalicia Vitullo, ingegnere per tradizione familiare, ma con i gradi di colonnello sulla divisa (pur essendo un Corpo civile, che fa capo al Ministero dell’Interno, i dirigenti hanno gradi identici agli ufficiali dell’Esercito).
C’era una bambina che sognava di diventare pompiere o la vocazione è maturata in età adulta?
«Ho seguito le orme paterne con ingegneria, poi casualmente ho fatto il concorso nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco: mi sono talmente appassionata che sono ancora qui».
Tanti sacrifici?
«In effetti, altri mestieri sarebbero stati più semplici… Allontanarsi per interventi o calamità quando avevo i figli piccoli è stato molto complicato. Partenze improvvise, anche di notte. Una volta sono stata lontana una settimana quando avevano uno e cinque anni».
Anche i trasferimenti di sede, immagino…
«Di regola il mandato da dirigente è di tre anni perché le leggi anticorruzione impongono delle rotazioni, ma io finora non ho mai concluso un incarico: dalla Toscana a Forlì a Parma, quando c’è bisogno e i superiori chiamano si parte prima della scadenza».
Quali sono le doti per diventare Vigile del Fuoco?
«L’idoneità psico-fisica è un requisito per tutti. Il concorso per funzionario direttivo è basato su contenuti tecnici, ed è richiesta una laurea in ingegneria o architettura e poi un corso di formazione di un anno. Quello da Vigile del Fuoco invece prevede prove attitudinali di nuoto e percorsi sportivi. Una volta ammessi iniziano diversi iter formativi che spaziano dall’uso delle scale all’ambito speleo-alpino-fluviale all’auto-protezione in ambiente acquatico. Ci sono competenze di base che tutti devono avere e poi percorsi di specializzazione che il singolo può intraprendere in base alle sue inclinazioni, preferenze o capacità».
Parliamo del reparto che lei dirige: le cose più complesse fatte nell’ultimo periodo?
«Diversi incendi, anche difficili, che sono sempre una criticità perché oltre alle persone cerchiamo di salvare il più possibile delle cose. Negli ultimi giorni ci sono state emergenze atmosferiche, in cui siamo intervenuti per recuperare gli abitanti di una certa zona invasi dalle acque. Ci siamo anche spostati con alcuni specialisti a Modena e abbiamo chiesto aiuto ai colleghi di Piacenza: la nostra è un’organizzazione modulare molto efficace e attraverso procedure codificate, governate dai nostri uffici sovraordinati (Direzione Regionale, Centro Operativo Nazionale): ci spostiamo con personale e mezzi dove c’è necessità».
Oltre ai gommoni avete da poco in dotazione persino un catamarano…
«Per gli eventi alluvionali, è capace di trasportare otto persone ed è predisposto per l’evacuazione dai piani alti delle abitazioni».
Avete in organico anche alcuni piloti di droni: per cosa si usano?
«Principalmente perlustrazioni e ricerche di dispersi. Possono illuminare dall’alto, fare da cella per agganciare il telefono della persona scomparsa, ad esempio in montagna in zone non coperte, hanno telecamere ad infrarossi o zoom potenti che a 100 metri d’altezza riescono a leggere la targa di uno scooter».
Tante esercitazioni anche con altri operatori del soccorso?
«È un’attività costante che ci impegna molto. Solo nelle ultime settimane ne abbiamo fatta una di formazione all’antincendio boschivo con i Carabinieri forestali e i volontari della Protezione civile, a Borgo Val di Taro; un’altra insieme al Soccorso alpino e al 118 nel Parco dei Cento Laghi dove abbiamo simulato un complesso recupero di due persone coinvolte in un incidente mentre praticavano attività sportive in montagna. È in agenda anche un’esercitazione di guida fuoristrada in previsione della stagione degli incendi».
Avete anche volontari o solo professionisti?
«Il Distaccamento di Borgo Val di Taro è un distaccamento volontario. Nelle altre sedi del Comando (Parma, Aeroporto, Fidenza e Langhirano) sono presenti solo vigili del fuoco permanenti».
Gli interventi dei Vigili del Fuoco sono tutti gratuiti?
«I servizi di soccorso pubblico sono gratuiti, mentre le attività di prevenzione incendi, i servizi di vigilanza obbligatoria, come nei teatri al di sopra di una certa capienza, o la formazione e l’abilitazione degli addetti antincendio, sono a pagamento da parte di chi richiede il servizio».
Due consigli per evitare incidenti in casa?
«Noi parliamo sempre di “triangolo del fuoco”: combustibile, comburente e innesco. Il comburente è l’ossigeno che è ovunque, quindi bisogna porre attenzione a tutto quello che può essere innesco -una fiamma libera, una sigaretta, il surriscaldamento di un’apparecchiatura elettrica- in presenza di combustibili».
E fuori casa?
«Ripeterei lo stesso: la sbadataggine nell’accendere un fuoco piuttosto che nel buttare un mozzicone sono sempre il pericolo maggiore. Abbiamo appena cominciato la campagna antincendio boschiva che dura tutta l’estate perché molti incendi potrebbero essere evitati. Risorse aggiuntive finanziate dalla regione Emilia-Romagna per far fronte ai possibili incendi di vegetazione ci permettono di mettere in piedi un dispositivo consistente, compresi i servizi aerei dalla Direzione regionale di Bologna, ma la prevenzione fatta da ogni cittadino è un fattore molto importante».
Curiosità del profano: le vostre scale arrivano a una trentina di metri d’altezza, per i palazzi più alti come si fa?
«Le faccio un accenno perché il discorso sarebbe molto complesso e troppo tecnico: gli edifici alti di solito sono dotati di percorsi protetti per i soccorritori, a volte di un apposito ascensore per portare le attrezzature al piano interessato. Si possono usare anche le colonne a secco che sono tubazioni installate per tutta l’altezza dell’edificio e vengono collegate al nostro mezzo a terra per far arrivare l’acqua dove serve».
Richieste bizzarre alla vostra sala operativa?
«A volte strane a volte inopportune, ma gli operatori sanno che dall’altra parte ci sono persone che hanno bisogno di aiuto e sono formati per fornire le indicazioni corrette o dirottarle verso chi può risolvere i loro problemi».
La più grande soddisfazione che le ha dato questa attività?
«Molte, non saprei quale scegliere… costruire qualche cosa di importante in termini di obiettivi e funzionamento delle cose. Il ruolo che ho in questo momento mi consente di cercare di organizzare il funzionamento del reparto al meglio».
Cos’è per lei il senso del dovere?
«Un impegno che di solito metto in tutte le cose, nel lavoro e fuori. La forte consapevolezza di fare un mestiere di servizio e che lo stipendio è pagato dalla collettività quindi dobbiamo rendere alle persone una prestazione più che adeguata».
Come si insegna il senso del dovere?
«Con l’esempio sicuramente, ma non credo fino in fondo che si possa insegnare».
Qualche rimpianto, cose che non ha fatto o avrebbe voluto fare diversamente?
«Assolutamente no, per qualsiasi cosa bisogna guardare avanti!»
...segui Annalicia Vitullo.
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