Il Bicchiere della Staffa è il momento in cui si dilatano lo spazio e il tempo per rubare attimi preziosi al ritorno alla propria dimensione: in genere il rientro a casa con tutti gli annessi e connessi. Si parte alla ricerca del prolungamento di quella sorta di Nirvana ottenuto in quel preciso momento, circondato dalle persone con cui si sta vivendo un frangente di serenità.
Che si stacchi dal lavoro o si esca di casa, lo scopo è catapultarsi in un nuovo mondo/stato di benessere e lasciarsi alle spalle lo stress e la routine quotidiana. E allora si ordina da bere, si stappa, si conversa, si ride e si beve di nuovo. Tutto magicamente si colora di nuove sfumature, perchè sei sempre tu, ma più allegro e con la voglia di stare bene, di allentare la pressione, più predisposto all’altro, e perchè no, anche più leggero. La frivolezza diventa pregio da ricercarsi accanitamente, se serve. L’alcool scorre in tutto il corpo, riscalda dall’interno, scioglie la lingua, annebbia il cervello, alleggerisce l’anima. Momento sublime di estrema piacevolezza, delicato istante, sottile ed etereo, equilibrio precario che può sparire da un momento all’altro.
La saggezza consisterebbe quindi nel riconoscerne la vacuità e non indugiare oltre cercando una continuità stiracchiata dell’attimo fuggevole.
Così l’ultima volta, andando a bere con dei miei colleghi al Drink Kong, il mitico Livio mi ha chiesto cosa volessi. Venendo già da precedenti whisky sour, la mia risposta fu uno speranzoso “fai tu”. Così ho bevuto per la prima volta il Between the sheets, con una modifica però!
A quanto pare la ricetta originale prevederebbe:
3 cl Rum Bianco
3 cl Cognac
2 cl succo di limone
Il twist, come dicono quelli bravi, è stato sostituire il Cognac con un Armagnac bianco, vera rarità mai assaggiata fino a quel momento, nello specifico parliamo di Laguille Blanche d’Armagnac.
La ricetta quindi viene così modificata:
30 ml Armagnac blanc
20ml rum
20 ml triple sec
30 ml succo di limone
La Storia di questo cocktail narra che sia stato inventato ai tempi del proibizionismo, per una damigella i cui gusti in fatto di miscelati erano forti ed eleganti. Figuravano Gin e Cointreau e il nome del cocktail era Maiden’s Prayer, si modificò come da ricetta sopra citata e prese il nome di Between the sheets. Ovviamente mi è piaciuto molto, e ho perfino avuto l’accortezza di non ordinarne un altro.
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