Dopo i 7 architetti, i 7 podcast e i 7 sommelier, ecco 7 film sul vino che non sono i soliti – benché validissimi – Barolo Boys, Mondovino, Sideways o Resistenza naturale.
Una trilogia di film sulla dedizione, la disciplina, il delirio. Somm racconta tutto questo, ovvero cosa si cela dietro alla monomania del vino per coloro che vi si dedicano secondo l’approccio Masters of Wine, che rappresenta il riconoscimento più ambito, e di certo più ambizioso, per i paesi anglosassoni (e non). Quattro amici, una settimana di test in cui in cui i candidati sono sottoposti a prove empiriche e teoriche, come degustazioni alla cieca, chimica e logica, oltre ad esami organolettici e di conoscenza vitivinicola. Il tutto, farcito dalle osservazioni e dalle intuizioni minuziose, e spesso involontariamente molto comiche, dei protagonisti, nonché reminiscenze irresistibili come quella, passata alla storia come Judgment of Paris, del 1976, sulla professione/ossessione per il vino e la sottile inquietudine che, da sempre, anima i suoBottlei adepti.
Che il vino non sia mero epifenomeno lo dimostra il prezzo spuntato da alcune bottiglie sul mercato globale. Da questo preciso assunto parte Red Obsession, documentario firmato dai registi David Roach e Warwick Ross, in cui l’esperto enologo Andrew Caillard indaga il nesso tra il costo di una pregiata bottiglia di Bordeaux – fuoco di una speculazione forsennata, nei mercati asiatici e di conseguenza, globali – e la cosa all’impianto dei vitigni bordolesi nei territori inospitali della Cina nordoccidentale. Attraverso la viva voce dei viticoltori francesi e degli imprenditori cinesi protagonisti, Red Obsession tratteggia una fotografia che trascende il settore enologico per allargarsi all’intera società contemporanea.
American comedy-drama ambientato nella metà degli anni Settanta, il film racconta la storia della Montelena Winery, azienda vinicola di Napa Valley che vinse il primo posto del Judgement of Paris. Jim Barrett, appassionato viticoltore dilettante, con il suo Chardonnay 1973 ottenne il primo posto nella degustazione alla cieca, surclassando i ben più blasonati Domaines francesi e scardinando la gerarchia preesistente, fino a quel momento settata sulla Francia e destabilizzando la critica enologica mondiale, che ne uscì destabilizzata. La storia, che vede protagonista anche il critico inglese Steven Spurrier, artefice della celebre degustazione, si ripeterà tale quale trent’anni dopo, e con gli stessi esiti, per giunta…
Il documentario tratteggia la storia di Rudy Kurniawan, per anni considerato uno dei più stimati esperti e collezionisti di vino francese negli Stati Uniti, poi condannato a dieci anni di carcere da un tribunale federale di Manhattan per aver contraffatto e venduto – per almeno otto anni! – false bottiglie di vino pregiato per milioni di dollari. Né più né meno che la più grande truffa della storia mai avvenuta in questo campo, affrontata con dovizia di particolari – dal blend di vini economici per imitare il gusto, il colore e le caratteristiche di vini rari e pregiati – al reperimento vuoti e fino alla minuziosa contraffazione dell’etichetta, realizzata personalmente con scansioni digitali su cui apponeva l’annata, la firma del produttore e il numero seriale – da Reuben Atlas e Jerry Rothwell.
Un suggestivo film documentario drammatico, ricco di imponenti riprese aeree che rappresentano una gioia per gli occhi per tutti gli appassionati di vitivinicoltura. E cultura. Questa la sinossi: dopo la morte prematura di un enologo emergente, sua sorella interviene per cercare di salvare la neonata azienda vinicola e metterla in sicurezza per il figlio di lui, di appena otto anni. American Wine Story fonde la storia dell’enologo con altre storie, ricche di suspense e inventiva, della neonata storia vitivinicola americana, interpellando enologi luminari e neofiti, figli anch’essi del cosiddetto sogno americano.
Un piccolo documentario educativo sul vino, troppo spesso narrato con un approccio così tecnico o così ieratico da avere effetti a dir poco respingenti sul neofita. A ospitarlo nientemeno che John Cleese, già membro dei Monty Python, che inanella tutto il sapere necessario per aiutare i non iniziati alla comprensione e al piacere del vino, con consigli pratici che vanno da come codificare i propri gusti a come conservare, servire e disquisire di vino, con regole prammatiche di lessico, percezione e interazione col sommelier.
Tutto incomincia da una finzione; una realtà distopica in cui il noto esperto Charlie Arturaola, tra i migliori sommelier al mondo, vincitore nel 2012 dell’International Wine and Spirits Competition Communicator of the Year, improvvisamente perde naso e palato. Per recuperarlo, comincia un viaggio tra vigneti che diventa un’occasione di conoscenza, in primo luogo di se stesso. Nel film, Arturaola regala al pubblico momenti comici, riflessioni e introspezioni, e il vario repertorio di situazioni lo vede all’opera nei meravigliosi vigneti di Mendoza, rincontrare le anime di parenti morti, essere psicanalizzato dalla produttrice di vini Patricia Ortiz di Bodega Tapiz, parlare via Skype con la moglie fino al toccante incontro con la famiglia in Uruguay, che aveva lasciato giovanissimo, quando tutti lo chiamavano ancora Carlos. Tra documentario e finzione il film racconta le origini del vino e la sua essenza, nella sua assenza.
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