Mille et un flacons

Mon Parfum à Moi!

Il grande poeta Paul Valery non cessava mai di affermare che “una donna che non si profuma non ha alcun avvenire” e in effetti lui incensava (è il caso di dirlo) le svariate virtù del Profumo che si appalesa rendendosi messaggero invisibile per le donne timide, complice per le intellettuali e pronubo per le seduttrici. 

Prima di scegliere il proprio abito olfattivo è sempre importante tenere in considerazione che le fragranze sono classificate in “famiglie” a seconda delle essenze che le compongono. Ne possiamo distinguere ben sette: gli esperidati, i floreali, i fougères, gli chypres, i legnosi, gli ambrati e, infine, i cuoiati.

Provenza, interni dell’atelier di un maître parfumeur
L’Eau de Cologne, la più celebre rappresentante delle esperidate, è connotata da frizzanti olii essenziali di “zeste” di limone, di bergamotto di Calabria, di mandarino e associata quasi sempre al “neroli”, ovvero il fiore dell’arancio amaro.

La famiglia floreale è la più importante di tutto l’universo della profumeria.

Essa raggruppa infatti al suo interno i “soli-Flores”,  composizioni monocordi  concepite sulla fragranza di un unico fiore e i “bouquet” floreali ove, sapientemente mescolate, imperano la rosa, il gelsomino, il mughetto, la tuberosa e il narciso poetico.
C’è anche una sotto classificazione dove compaiono i fioriti-fruttati, i fioriti verdi,  i fioriti aldeidici (impossibile non menzionare il celeberrimo N5, di Chanel!).
I “fougères“ (felce, in francese) non evocano affatto sentori vegetali ma degli accordi a base di lavanda e legni, bergamotto e cumarina su fondi di muschio di quercia. 
“Le Chypre “, creato nel 1917 dal profumiere François Coty, dà i natali a questa famiglia dalla cifra potente e polverosa basata su accordi di muschio di quercia, di rosa, di cisto labdano, di bergamotto e di patchouli, che imperano in Femme de Rochas e in First di Van Cleef&Arpels.
Circa la famiglia olfattiva dei “boisés”, questa è quasi unicamente caratterizzata da fragranze maschili che vedono armonizzare note opulenti di sandalo e di patchouli a quelle più vibranti del cedro e dell’olio di vetiver, precedute da una partenza di testa di lavanda e agrumi.
Gli “Ambrati” presiedono la famiglia degli “orientali” con note conturbanti, piuttosto soavi, ove dominano note vanigliate o animali come il musc. Shalimar di Guerlain appartiene per antonomasia a questa famiglia. 
Circa i cuoiati, questi sono facilmente identificabili per le loro note secche, un po’ affumicate che possono ricordare il sentore del cuoio patinato intonandosi però con allegre note fiorite come il gelsomino e la rosa: su tutti citiamo Tabac Blond di Caron e Bel Ami d’Hermes.)

Anche se è risaputo che il profumo risvegli una certa impulsività nell’acquisto, è necessario attendere, prendere del tempo, scoprirne a dozzine prima di scegliere quello che si accorda al nostro umore, ai nostri desideri o anche alle nostre pulsioni più profonde. 

Vieppiù un profumo scelto unicamente per il suo brand procurerà un piacere legato sì all’aura di questo marchio, ma andrà a calpestare completamente il nostro ego e la nostra identità! Del resto, certi toni di profumi sono così charmant, così attraenti che la voglia di acquistarli nasce ancora prima che li si abbia annusati ed aspersi sulla pelle. Ma che Dio ce ne scampi! I nomi che scatenano sogni, pulsioni grandiose spesse volte non rendono affatto l’identità precisa del profumo stesso. Infatti capita molto sovente che il nome sia scelto dalla casa produttrice ancora prima che il maître parfumeur abbia composto la fragranza!
SONO CIRCA 3.000 LE MATERIE PRIME A DISPOSIZIONE DI UN CREATORE PROFUMIERE: CIRCA 200 OLI ESSENZIALI, CIRCA 100 ESTRATTI, RESINE, BALSAMI E CIRCA 2.500 MATERIE PRIME SINGOLE DERIVATE DA INTERMEDI E PRODOTTI DI SINTESI, CLASSIFICATE SULLA “REGIA DEL PROFUMIERE” (IN FRANCESE L’ORGUE) O ORGANO, DALLA QUALE ATTINGE PER “COMPORRE” LE SUE CREAZIONI.

Acquistare l’ultima novità non è come cedere ai capricci della moda piuttosto che seguire le proprie emozioni e saperle anche gestire?

Ciascuno di noi ha un proprio pH, un uomo biondo, uno rosso e uno bruno hanno tre sentori epidermici ben differenti l’uno dall’altro, un odore particolare, un’acidità propria determinata da ghiandole sebacee e dall’alimentazione; la nostra essenza può anche variare a seconda dei momenti della vita ciò in modo particolarmente evidente per il pubblico femminile a causa dei ritmi ormonali. 

Bisognerebbe cambiare profumo più volte nel corso della propria esistenza.

È finito il tempo ove la fedeltà ad una fragranza era considerata sinonimo di buongusto.

Nel 1930 una giornalista, Stella Maris, invitava le sue lettrici ad indossare un solo profumo e a  cospargerlo non solo sul proprio corpo ma sugli abiti, sui propri effetti personali, sulla carta da lettere, sui cuscini, sui libri per fare in modo che questo timbro unico circondasse la persona identificandola in modo totalizzante. Affascinante, certo, ma pensate invece che incubo, che violenza, che  aggressione per le persone loro vicine!

Le donne di oggi lo hanno compreso bene, la maggior parte infatti oscilla tra tre o quattro profumi (olfattivamente coerenti) che scelgono però a seconda del momento della giornata, della stagione,  dell’umore avendo sempre però una nota comune.

Last but not least , non bisognerebbe mai dimenticare che, come per gli abiti, i profumi si accordano ai luoghi, alle stagioni, alle occasioni per cui un profumo orientale (ricco, sontuoso, ideale per una soirée) può davvero disturbare l’entourage se indossato al mattino, in un luogo pubblico o, peggio, al ristorante, dove anche il  più grande Gourmet viene distratto, infastidito e scoraggiato dalla prepotenza di effluvi pirateschi come quello dianzi descritto. 

Quindi profumarsi sì, ma con moderazione, discrezione e buongusto; spetta ora a Voi, quindi, la scelta del candidato. Profitez-en!

Massimo Bottura

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Alessandra Vittoria Pegrassi
Andrea G. Pinketts (noto scrittore noir Milanese mio amico di cuore, mio braccio destro e alle volte pure sinistro) aveva già inquadrato ed incoraggiato il mio senso del gusto, o meglio del buon gusto, quando quindicenne andavo a comprarmi da un droghiere del quadrilatero, facendomi fuori la paghetta mensile, aulentissimi bonbons alla violetta, meringhette all’anice e collutori ai petali di rosa. Questa precoce ma solida ricerca del buono anche sinesteticamente parlando mi ha poi condotta a Parigi ove un profumiere stregone mi ha insegnato pian pianino e svelato poi i prodigi della composizione dei bouquet e delle sue note...

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