Il Privé di Davide Bertellini

Gelasio Gaetani d’Aragona Lovatelli

Chi sei?

Be’, devo sintetizzare: sono un uomo con molti cognomi, e ciò ha sempre condizionato e al contempo ha rafforzato la mia identità.

Sono sempre stato interpretato in maniera diversa da quello che ero in realtà. Quando da giovane lavoravo in alcune società vitivinicole, prima di diventare io stesso produttore, tutti credevano che il mio lavoro fosse un hobby, nessuno credeva che io lavorassi per lavorare: come se la nobiltà non fosse compatibile col lavoro. Questo mi ha sempre messo profondamente in imbarazzo, perché ha determinato una dispercezione di me. Io vengo da un’antichissima famiglia, ma ciò non significa che non sia un uomo del presente. Sono l’esito di un’antica storia italiana e più vado avanti e più mi sento partecipe del mio passato e delle mie radici, rispetto ai quali sono sempre più ricco, sempre più forte: tutto quello che ho imparato – e che ho sbagliato – mi ha reso tale. Penso ai miei genitori, in particolare: gran parte degli insegnamenti ricevuti da loro erano sbagliati… loro rappresentavano l’ultima generazione di un mondo che è sparito, per educazione e cultura. Da loro ho appreso il galateo, e l’arte di rapportarmi con le signore, il cosiddetto “gentil sesso” inteso come più debole: e ciò non è vero per niente.

Questa formazione mi ha reso troppo gentile, in troppe circostanze, forse mi ha indebolito. Oggi però ho riassorbito tutto questo e ne sono felicissimo.

Qual è la tua più grande passione?

Non posso rispondere a questa domanda senza riferirla al presente: in questo momento la mia grande passione credo sia scrivere: scrivo molto perché è la mia maniera di pensare; se mi metto davanti a un foglio di carta bianco ne faccio l’estensione del mio pensiero. La mia passione, più semplicemente, poi è il mio lavoro, i miei sette nipoti, la vita in generale. Ho sempre scritto, ho sempre avuto un atteggiamento documentale nei confronti dell’esistenza, che adesso, complice forse il momento storico, è molto più presente.

E la tua più grande paura?

Be’ la mia grande paura, che è più una preoccupazione, è di diventare rimbambito, anche solo un po’ rimbambito… sarebbe un guaio. Vorrei poi non sprecare il tempo in cose inutili; vorrei che questo momento storico fosse un’occasione preziosa, quella di tornare a considerare il tempo.

Il colore preferito?

Il blu. Lo è sempre stato, non so perché, sinceramente: è il colore che mi circonda in qualsiasi cosa che mi riguardi. Cielo e mare? Forse… Il blu è il colore dell’eleganza, la mia, così come blu è il mio modo di essere scanzonato.

In quale epoca viviamo?

In un’epoca contemporanea che, tuttavia, non è la mia epoca: la guardo dall’esterno, la indago, sono di passaggio.

Certo va pure detto che queste sono le prime settimane di un’epoca nuova: tre settimane fa eravamo ancora “avanti Cristo”, oggi siamo “dopo Cristo”. Questo cambiamento epocale, per quanto doloroso, ci restituirà alla vita con una nuova consapevolezza; saremo più felici, avremo archiviato gli sbagli dei nostri predecessori e, pertanto, avremo imparato cose nuove. È un’epoca dove emergerà chi sarà in grado di dare qualcosa agli altri; ciò vale anche per i nostri politici: i governi sono oggi costretti alla trasparenza e le nuove generazioni, con la loro sensibilità nei confronti della natura e delle tematiche ambientali, mi sembrano molto incoraggianti.

Cosa c’è dentro al bicchiere?

Innanzi tutto diciamo che il bicchiere per me è sempre mezzo pieno. E dentro a questo bicchiere, comunque, non c’è il vino: c’e il mistero del vino.

Il vino è il mio mestiere ma più vado avanti più lo considero qualcosa di misterioso; più mi ci avvicino più comprendo quella parola francese, il terroir, del quale non esiste una definizione univoca ma solo variabili delicatissime attraverso le quali estrinsecare l’identità di un vino.

Questo in un certo senso è il percorso della vita: più vai avanti negli anni – a prescindere dall’energia – più capisci che è tutto un percorso volto alla scoperta di te stesso, è per questo che mi sento un po’ estraneo talvolta, eppure, allo stesso tempo, è come se avessi vissuto anche prima, prima di quello che sono adesso, intendo.

L’ultimo pasto prima del patibolo?

Mi farei portare dei datteri avvolti nello Speck perché è un piatto che mi ricorda un periodo bellissimo della mia vita: avevo quarant’anni ed ero innamorato e lei, dopo i nostri momenti insieme, mi portava questi datteri. E poi anche gli spinaci coi pinoli e l’uvetta: anche questo è un piatto legato a un momento d’amore…

Come ultimo pasto preferirei forse rimanere a stomaco vuoto perché ho mentito e me ne rendo conto solo ora. È necessario rimanere a stomaco vuoto di fronte alla morte, magari un po’ brilli di un antico Madeira, ma a stomaco vuoto.

Fumatore? Se sì, cosa?

No, ho solo fumato – e poco convintamente – intorno ai trent’anni.

Il libro sul comodino?

Ne leggo sempre più d’uno in contemporanea. Ora però ce n’è uno, che s’intitola Di Viole e Liquirizia, che è stato scritto da un mio amico (Nicola Orengo n.d.r.), caposervizio delle pagine culturali de La Stampa – con lui andammo negli anni ’80 da Angelo Gaja – che trovo molto bello: descrive il vino in maniera affascinantissima attraverso immagini, visioni, è una storia d’amore, bellissima, con degustazioni meravigliose.

Cosa accadrà domani?

Domani vorrei incontrare un Gelasio che sia veramente Gelasio, e non quello che tutti o molti pensano che sia. Va da sé che io non ho idea di chi sia… (ride n.d.r) Sono stato evasivo?

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Davide Bertellini
Folgorato fin dai primi anni dell'adolescenza da un'inarrestabile e sempre crescente "passione gourmet" a 21 anni aveva già fatto due volte il giro del mondo. Oggi, imprenditore nel campo della moda e del lifestyle, ha sostituito alla palestra il ristorante e, in qualità di jetsetter, frequenta i più importanti party e charity events nel mondo. Poliglotta, con la scusa di girare il mondo per il suo lavoro nel campo della moda frequenta i più bei ristoranti alla ricerca di quello migliore, che purtroppo non ha ancora trovato. Founding member Gustavia Yacht Club di St. Barth, è anche top reviewer italiano della guida americana Opinionated About Dining, scrive su Identità Golose per Paolo Marchi e su Passione Gourmet, al quale è affiliato a capo della direzione marketing. Sogno nel cassetto? Un tour mondiale dei ristoranti “3 stelle” della Guida Michelin con fotografo, ghostwriter e jet privato.

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