Bouquet de violettes, Édouard Manet (1872).
Mille et un flacons

Sua Maestà Reale la Violetta di Parma

Era fine marzo, ero piccina e avevo passato il pomeriggio a cogliere violette appena poco fuori le mura della casa di campagna, alle porte di Milano. 
Con queste avevo fatti due bouquets: uno più grande da donare a mamma ed uno per me da fare essiccare per intrappolare il ricordo di quella bella, prima, calda giornata di sole…

Fiore magico la violetta

Delicato di aspetto ma con toni accesi, a volte quasi «fluo», foglie cuoriformi e profumo inebriante! 

Innumerevoli sono i riferimenti mitologici che celebrano le mammole: ornavano, con la loro profumata leggiadria, prati magnifici intorno l’antro di Calipso, la bellissima ninfa che tentò di rapire Odisseo; furono cibo e consolazione per Io, la fanciulla amata da Zeus quando, tramutata in mucca dalla gelosa e perfida moglie Hera, fu costretta a vagare intorno al Mediterraneo sferzata da un tremendo tafano…

Il fatto quindi che questo fiore venisse più volte citato in mitologia e in medicina parrebbe indicare l’appartenenza a quella varietà di piante usate e conosciute in Grecia fin da tempi remoti.

In campo medico, la Violetta veniva già impiegata con grande successo come bechico, calmante, antiemetico, diaforetico, antinfiammatorio e blando diuretico. 
La sua peculiarità più ammaliante è che sprigiona “jònina”, una molecola che agisce sui recettori dell’olfatto in modo quasi anestetico. Questo spiegherebbe l’apparente transitoria perdita di intensità di profumo nel momento in cui si annusano a lungo le sue vivaci corolle. Basterà allontanarsi qualche secondo da esse per ritrovarne, come per magia, il loro gentile aroma! 
Un’altra spigolatura che forse non tutti sanno, è che dai i suoi colorati petali, si otteneva una preziosa tintura con la quale veniva misurata empiricamente «la reazione del pH»; questa tintura aveva la funzione di reattivo chimico e funzionava come una cartina al tornasole. 

Ça va sans dire, questo fiore era molto studiato e impiegato anche in profumeria per l’estrazione a freddo (enfleurage) della sua essenza, dalla quale si otteneva il celebre profumo «Violetto di Parma».

Le origini di questo profumo pare siano legate all’amore di Maria Luigia d’Asburgo per la città; sentimento peraltro totalmente ricambiato! 
Ancor prima del suo arrivo a Parma, scriveva dal castello di Schonbrunn alla sua dama di compagnia a Parigi: “Vi prego di farmi tenere qualche pianta di Violetta di Parma con la istruzione scritta per piantarle e farle fiorire; io spero che esse germoglieranno bene, poiché io divengo una studiosa di botanica, e sarò contenta di coltivare ancora questo leggiadro piccolo fiore…
In alcune delle sue lettere, una viola dipinta avrebbe sostituito la sua firma, e della stessa nuance volle che fossero le divise dei suoi valletti, gli abiti dei cortigiani e i propri mantelli.
Trasferitasi nell’aprile del 1816, la sovrana si volle occupare personalmente della loro coltura.  Furono così seminate sia nell’Orto Botanico da lei stessa ambìto, sia nel giardino della residenza estiva di Colorno.
Sostenne alacremente le ricerche dei Frati del Convento dell’Annunciata che, dopo un lungo e paziente lavoro, riuscirono a ottenere dalla violetta e dalle sue foglie una fragranza del tutto uguale a quella del fiore.

Fu da questi Frati che verso il 1870 Ludovico Borsari ebbe la formula segreta, sempre gelosamente custodita, per la preparazione di quel profumo.

Così ebbe i natali la carriera imprenditoriale del futuro Cavaliere che trasformò la sua ricerca e passione nella più grande industria profumeria italiana riconosciuta in tutto in mondo.

Da Parma, poi, la coltivazione si diffuse anche a Grasse, complice il clima temperato del sud della Francia.

In campo alimentare, i suoi petali vengono impiegati per allestire festanti e multi vitaminiche insalate così come nei risotti. Poudrée e cristallizzate nello zucchero, “i bonbons à la violette” sono una gourmandise d’antan anche della città di Tolosa, dove sono utilizzati altresì per decorare golosi maronn glacés.

Parimenti, inebrianti distillati e liquori sono tutt’oggi creati sia per essere apprezzati e degustati “tout court” o impiegati per allestire raffinati cocktails.

 

Pasquale Forte

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Alessandra Vittoria Pegrassi
Andrea G. Pinketts (noto scrittore noir Milanese mio amico di cuore, mio braccio destro e alle volte pure sinistro) aveva già inquadrato ed incoraggiato il mio senso del gusto, o meglio del buon gusto, quando quindicenne andavo a comprarmi da un droghiere del quadrilatero, facendomi fuori la paghetta mensile, aulentissimi bonbons alla violetta, meringhette all’anice e collutori ai petali di rosa. Questa precoce ma solida ricerca del buono anche sinesteticamente parlando mi ha poi condotta a Parigi ove un profumiere stregone mi ha insegnato pian pianino e svelato poi i prodigi della composizione dei bouquet e delle sue note...

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